mercoledì 26 febbraio 2014

Arte - La Pietà Vaticana, tra storia e passione.

di Rosanna Gentile
Roma è la città eterna, eternamente sospesa tra passato, presente e futuro. In essa convergono e convivono diverse epoche e molteplici generazioni di persone, quindi culture, religioni e tradizioni provenienti da ogni parte del mondo.
Le sue strade, ricche di attività commerciali di ogni tipo e, lasciatemelo scrivere, non propriamente linde e con qualche auto blu di troppo, brulicano di migliaia di turisti che affollano la città tutto l’anno. Andarci, come turisti, è un piacere e un dovere che prima o poi tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita. Il centro della Capitale è tutto, ma soprattutto è arte. Si respirano tracce artistico-culturali di stratificati periodi storici in ogni angolo. Elencare l'intero patrimonio pubblico, privato o ecclesiastico, esibito a Roma è un’impresa titanica, ma, essendoci tornata da poco, mi va di  raccontarvene una in particolare. La Pietà di Michelangelo Buonarroti custodita nella Basilica di San Pietro, in Vaticano.

Ve la trovate appena entrate nella Chiesa, sulla destra e di certo la guarderete insieme a tanta altra gente, eppure una volta che i vostri occhi si poseranno su di essa sarete soli, voi e lei.


Tra voi e lei, una parete di cristallo messa lì dopo l’aggressione avvenuta nel 1972 da parte di un folle che colpì l’opera quindici volte con un martello.

Il Quattrocento stava per volgere al termine. Mancavano pochi anni, forse uno allo scadere del secolo quando fu creata una delle opere più belle di tutta la storia dell’arte occidentale: La Pietà Vaticana (1498-1499)."Lo fece il fiorentino Michelangelo Buonarroti": questa la traduzione della scritta latina incisa sulla fascia che regge il mantello della Vergine (MICHAELA[N]GELVS BONAROTVS FLORENTIN[VS] FACIEBAT) alla quale, tra l’altro, si lega una storia. Si narra che lo scultore fiorentino, dopo aver sentito dire per caso ad alcuni visitatori che quell’opera era stata realizzata da un altro artista, sia entrato nel cuore della stessa notte nella Basilica per incidere la sua firma e rivendicarne la paternità.
Commissionata dal cardinale Francese Jean de Billheres, per il suo monumento funebre e spostata al suo sito attuale nel 18esimo secolo, l’opera è stata ricavata da un blocco di marmo scelto da Michelangelo in persona nelle cave di Carrara.
La composizione è a piramide ed è caratterizzata da due personaggi: Madonna e Cristo. La Vergine, completamente fasciata da soffici vesti marmoree che lasciano percepire la sicura fisicità anatomica di donna, è ritratta nel silenzioso dialogo di morte con il figlio, che, disteso sulle sue ginocchia coperte - o meglio rinforzate - da un ampio e chiaroscurale panneggio, è stato da poco deposto dalla croce. Maria con il braccio sinistro regge la schiena di suo figlio, mentre l’altro braccio è disteso, con il palmo della mano rivolto verso l’alto.
Gesto che, a mio avviso, crea un suggestivo effetto di resa al destino che attendeva la sua vita e quella della sua creatura: un gesto che tradotto in parole potrebbe essere “Sia fatta la tua volontà, mi arrendo ad essa”. Gesto che per molti critici rappresenta, invece, un invito per lo spettatore al fine di scaturire in lui un processo meditativo sull’estremo sacrificio del figlio di Dio in terra per tutti gli uomini: una sorta di “Eccolo, è morto per voi, guardatelo e pregate”.
La Pietà Vaticana è un’opera veramente bella e colma di significati. Eppure all’epoca ispirò non poche critiche dai contemporanei di Michelangelo disturbati dal fatto che la Vergine, quando il figlio trentatreenne morì, aveva all’incirca cinquant’anni e non avrebbe mai potuto avere quel fresco viso di fanciulla, privo di rughe e di stanchezza. In effetti, la ragione di questa giovinezza eterna e rilassatezza della Madonna va letta in chiave simbolica e astratta, giacché il suo aspetto si lega alla vita priva di peccato e senza alcuna contaminazione delle cose terrene. La divina esistenza, dunque, si proiettava dall’interno all’esterno, rendendo luminosa e distesa la pelle e conferendole un aspetto perfetto. Anche il volto di Cristo va letto in questi termini, in quanto non è stato scolpito con realismo storico: è il momento subito dopo la crocifissione, la morte è giunta a porre fine alla lunga e straziante Passione a cui è stato sottoposto, ma nessun segno di sofferenza ricama il suo volto, che, invece, è sereno, lontano, o meglio estraneo, al male inflittogli dall’uomo. Michelangelo qualche anno più tardi tornerà su questo tema estremizzando al massimo il concetto d’astrattismo che, a vent’anni, gli si era leggermente insinuato nella mente, pregna della bellezza Rinascimentale dell’epoca in cui operava. 
Ma torniamo alla Pietà Vaticana. Il corpo di Cristo è la parte dell'opera che preferisco: il marmo, freddo e lucido, si modella come creta e finisce per creare volumi sicuri e assolutamente realistici, comprensivi di qualunque dettaglio anatomico. Eppure, non può sfuggire neanche all'occhio più distratto il fatto che sia stato scolpito in proporzioni un tantino inferiori rispetto al corpo della madre: quel poco che basta a rendere possibile la posizione dei due. Se, infatti, Cristo fosse stato concepito assecondando misure più realistiche e di conseguenza maggiori, la Madonna avrebbe avuto difficoltà a reggerne il corpo senza vita e i volumi della composizione avrebbero perso grazia ed equilibrio. 
Il corpo del figlio di Dio è sodo e allo stesso tempo morbido e ha uno specifico peso, suggerito da determinati punti anatomici: la mano della Vergine che sorregge il busto, sotto l’ascella destra dell’esamine crea uno spostamento e un rigonfiamento della pelle dello stesso (una sorta di rotolo di carne umana che si crea dallo sforzo del mantenimento).
Personalmente ho trascorso diversi minuti ad osservare il gruppo scultoreo della Pietà, soffermandomi sui suoi piccoli e piacevoli particolari, ma sono stata più volte disturbata dai flash e dai click fotografici degli avventori che mi circondavano. Il comportamento dei visitatori del mondo dell'arte andrebbe studiato per quanto sia assurdo: ho notato un gruppo di signori che sgomitava tra la folla per avvicinarsi il più possibile al vetro, per poi giungere al primo posto, scattare una foto alla Pietà e via alla prossima statua. Senza soffermarsi, senza chiedere, senza capire. 
Da qui una riflessione dal gusto di suggerimento: quando ci si trova a visitare un luogo, d'arte o paesaggistico, non sarebbe meglio goderselo e basta, fotografando con gli occhi e la memoria ciò che si ha il privilegio di osservare? Temo vivamente che il tutto si riduca a una sorta di gara a chi porta a casa il maggior numero di scatti da esibire, sfoggiare, far commentare, ma in fondo quello che si è visto, non lo si è visto per davvero? A voi la riflessione. 



lunedì 10 febbraio 2014

MOSTRA - Alla Santa Sofia, Salerno diventa opera da esposizione, tra passato, presente e futuro

"Una Unica Grande opera… Salerno" è la mostra sulla trasformazione urbana della città. Inaugurata sabato scorso, resterà in esposizione fino al 23 febbraio presso il Complesso Monumentale di Santa Sofia. La mostra va intesa come evento di comunicazione, in quanto vuol spiegare alle famiglie, ai giovani, a tutta quella cittadinanza a cui ancora non è ancora chiara la trasformazione avvenuta sotto i loro occhi, quali siano le enormi possibilità che questa trasformazione stessa, sia in grado di portare nel futuro visto in una prospettiva di benessere, di possibilità di lavoro e di crescita culturale e sociale. Attraverso le parole, le scenografie, le proiezioni dinamiche emozionali, i plastici, i render, le foto, i filmati, ed una serie di laboratori pratici, si vuol far capire quali siano le potenzialità di questa città e del percorso intrapreso più di venti anni fa dall’amministrazione comunale.

                                         (immagine tratta da ufficio stampa Comune di Salerno)

Dettagli: L’evento si divide in più punti. La parte lche sarà ospitata presso l'ex Chiesa dell'Addolorata sarà utilizzata per emozionare e informare sulla trasformazione avvenuta e che avverrà lungo tutta la fascia litoranea. Tre proiezioni dinamiche legate al mondo del mare, quattro plastici, tra cui Il Fronte del Mare e la Stazione Marittima di Zaha Hadid, quattro accoglienti postazioni dove, attraverso un gioco di attrazione visiva, saranno proiettati, 6 filmati a rotazione, una scenografia fatta di totem cartonati che accoglieranno ed accompagneranno, insieme a noi organizzatori, le persone nel comprendere e nell’approfondire. Tutto con una serie di frasi e parole stampate che stuzzicheranno e daranno spazio alla fase di comprensione. Al primo piano, il messaggio sarà simile ma con una scenografia completamente diversa, con 10 filmati nuovi, con un allestimento più semplice ma più diretto, con un gioco di parole continuo che lasceranno meno spazio all’immaginazione ma più spazio alla comunicazione evidente. In questo spazio la parte visivo/fotografica sarà al centro e potrà evidenziarsi, in modo profondo, il prima, il durante ed il dopo di questa città. L’argomento sarà la LungoIrno e tutte le opere che sono state realizzate lungo questo asse,  Lungoirno che ha rappresentato la vera soluzione urbanistica di Salerno. Pannelli esplicativi saranno presenti lungo tutto il percorso che serviranno a soffermarsi sui punti che di volta in volta, si troveranno più interessanti. Grande attenzione, nei due piani, sarà data alla parte visiva di quello che era prima la città, poiché spesso la memoria non permette di evidenziare la reale trasformazione. Nel secondo piano invece saranno realizzati 8 laboratori che porteranno in evidenza le potenzialità lavorative susseguenti a questa trasformazione, non dimenticando mai la vocazione turistica di Salerno. Dalle nuove attività portuali a quelle logistiche, a quelle di servizio, a quelle creative oltre a mettere in evidenza, naturalmente, le caratteristiche enogastronomiche del territorio, che il turismo potrà valorizzare come logico riferimento.

 Il primo cittadino Vincenzo De Luca: “Stiamo disegnando questa città perché siamo convinti che oggi la trasformazione urbana è l'unica occasione di crescita economica di una città. Vogliamo avere l'ambizione di fare di Salerno quello che sono state Barcellona, Bilbao, Valencia, Berlino, Parigi, Londra, ovviamente in proporzione alle dimensioni e agli equilibri di Salerno, in un paese nel quale è impossibile pensare la trasformazione urbana e realizzarla”. 

Animali - Ucciso Marius con un colpo di pistola e dato in pasto ai leoni. Orrore nello Zoo di Copenhagen


La realtà ha superato la peggiore delle fantasie: Marius, giraffa sana, di appena 2 anni, è stata uccisa con un colpo di pistola nello zoo di Copenhagen. L'episodio di crudeltà, che in Italia non sarebbe solo un incubo, ma un grave reato punito dall'ordinamento, è avvenuto ieri mattina.
Cadute nel vuoto le migliaia di firme raccolte in pochi giorni per salvare la vita del piccolo, nato da animali consaguinei e per questo, nonostante le richieste di adozione da parte di diverse strutture e associazioni e la proposta di sterilizzazione, ucciso a bruciapelo davanti a tutti. A farlo fuori un colpo di pistola, perché il suo corpo, dissezionato davanti ad adulti e bambini presenti al macabro spettacolo, è stato dato in pasto ai leoni e alle tigri dello zoo e un'iniezione letale avrebbe compromesso la salubrità delle sue carni. Una soluzione incivile, cruedele, medioevale.  A lasciare profondo sgomento non è soltanto l'uccisione inutile, assurda e violenta di una creatura innocente, che in Italia sarebbe un grave reato, ma le parole a dir poco inquietanti del portavoce dello zoo danese, Stenbaek Bro, che, intervistato dall'agenzia di stampa Associated Press, ha detto “Sono davvero orgoglioso di aver dato ai bambini un'enorme opportunità di apprendimento sull'anatomia della giraffa, che  di certo non avrebbero avuto guardando una giraffa in una foto”.
Irremovibile nella scelta il direttore dello zoo, Bengt Holst, che, rispondendo alle domande della BBC, ha annunciato di non aver mai dubitato della gestione degli animali nelle strutture zoologiche, e anzi, è rimasto sorpreso che la sua soluzione, indispensabile a suo dire per il mantenimento a lungo termine della specie, abbia destato tanto clamore. Holst ha candidamente ammesso che una politica di gestione “responsabile”, come quella dello zoo di Copenhagen, prevede l'uccisione di circa 20 – 30 animali all'anno per motivi del genere.
Lo zoo ha infine spiegato che non avrebbe mai preso in considerazione l'idea di sterilizzare Marius, per via degli “effetti collaterali indesiderati” e perché questa pratica  equivarrebbe ad uno scarso benessere degli animali. Come se nascere in cattività, essere uccisi a 2 anni dietro le sbarre ed essere dato in pasto ai leoni senza possibilità di fuggire, fosse un bell'esempio di animal welfare. La realtà è che sono tanti, troppi, gli animali prigionieri: nella maggior parte dei casi si spengono lentamente, dopo anni e anni di immobilità e cattività.


(fonte dell'articolo www.lav.it)

martedì 4 febbraio 2014

LIBRI - Giovedì a Palazzo di Città di Salerno, la presentazione del libro di Dario Vassallo, fratello del Sindaco della legalità

di Rosanna Gentile 
 Si terrà giovedì 6 Febbraio, alle 16.00, presso la Sala del Gonfalone del Comune di Salerno, la presentazione del libro “Il Sindaco Pescatore” di Dario Vassallo, medico, residente a Roma e fratello di Angelo. Il libro racconta la storia esemplare di un uomo capace di agire secondo le linee guida della legalità, del rispetto delle persone e dell’ambiente.
Da tre anni impegnato con la Fondazione A. Vassallo di cui è fondatore, Dario è mosso dalla volontà di serbare memoria dell’insegnamento, del lavoro e del modello di sviluppo che il fratello ha portato avanti negli anni in cui è stato primo cittadino di Pollica. Alla base di questo impegno, che lo porta in giro per lo stivale, c’è anche la volontà di lanciare un messaggio di positività e speranza ai giovani, unici fruitori del futuro, perché i “sogni di Angelo” hanno la capacità di essere compresi anche dai più giovani per la loro genuinità e semplicità. 
La sera del 5 settembre 2010, mentre rincasava alla guida della sua auto, Angelo Vassallo fu ferocemente ucciso con nove colpi di pistola da ignoti.  La magistratura, infatti, ad oggi non è riuscita a dare un nome e un volto ai colpevoli dell’omicidio del ‘sindaco della legalità’. Fu lui, Angelo, con il suo duro lavoro, a far ottenere al Comune di Pollica importanti riconoscimenti, come la Goletta Verde di Legambiente e il riconoscimento di Città Slow da parte di Slow food.

Alla presentazione, moderata dal Direttore di Telecolore, Franco Esposito, sarà presente l’Assessore alla Cultura del Comune di Salerno Ermanno Guerra, il responsabile della Fondazione Vassallo Salerno Umberto Flauto e Dario Vassallo, Presidente della Fondazione “A.Vassallo” Sindaco Pescatore. 

lunedì 3 febbraio 2014

Evento - solidarietà. Il giorno di San Velentino DONA CON AMORE

Il giorno di San Valentino non c’è nulla di meglio da fare che un gesto d’amore. “Dona con Amore” venerdì 14 febbraio 2014 presso il reparto trasfusionale dell'Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno a partire dalle ore 09.30. 
Giunta alla seconda edizione, la giornata destinata alla donazione del sangue è stata promossa da “Rete dei Giovani per Salerno” e dall’associazione Erasmus “ESN Erasmus Social Network Salerno”, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno e con il sostegno del Comune di Salerno.


Le statistiche: In Italia il 50% della popolazione, pari a circa 30 milioni, potrebbe donare il sangue. In realtà solo il 2% dona il sangue. 
La maggior parte degli italiani può donare il sangue e molti, almeno una volta nella vita, potrebbero averne bisogno.