giovedì 28 agosto 2014

Evento - Positano Teatro Festival edizione 2014 e premio Annibale Ruccello

Torna il “POSITANO TEATRO FESTIVAL”, l’evento che nasce dalla direzione artistica di Gerardo D’Andrea. Interrotto lo scorso 9 agosto a causa del grave lutto cittadino che ha colpito il comune di Positano, riprenderà proprio con lo spettacolo dedicato ad Eduardo De Filippo , " 'O culore d' 'e parole" con Mariano Rigillo (foto), Anna Teresa Rossini (foto) e Marco Zurzolo, programmato inizialmente al Teatro Giardino, il Positano Teatro Festival, concludendo l'edizione 2014 con una magica serata sul sagrato della Chiesa Madre venerdì 29 agosto alle 21,30. Nel corso della serata sarà consegnato a Mariano Rigillo il Premio Pistrice - Città di Positano

Questa la motivazione:
Figura tra le più eclettiche del teatro italiano, ha sempre espresso grande profondità e modernità in ogni sua interpretazione, sin dai primi anni della sua straordinaria carriera, in cui è stato un coinvolgente ed insuperabile Masaniello nello spettacolo cult scritto da Elvio Porta e Roberto De Simone, nonché dissacrante Mariacallàs in “Persone naturali e strafottenti”di Giuseppe Patroni Griffi. Proprio diretto da Patroni Griffi si è calato poi più volte nei ruoli più emblematici del teatro  Vivianeo e Pirandelliano, sempre con eleganza e rigore.
Negli ultimi decenni, recitando sia i personaggi immortali usciti dalla penna di autori quali Eschilo, Shakespeare e Moliere, che quelli descritti dai grandi drammaturghi del ‘900 come Brecht e Miller,  si conferma come uno dei più grandi attori della scena contemporanea, uno dei pochi autentici portavoce della sempre più rara arte teatrale.

PROGRAMMA:
29 agosto 2014 – ore 21,30 Sagrato della Chiesa Madre
Mariano Rigillo
Anna Teresa Rossini
’O CULORE D’’E PPAROLE
OMAGGIO/RICORDO PER EDUARDO DE FILIPPO
a cura di Mariano Rigillo
con la partecipazione di Marco Zurzolo

«Dopo aver scritto poesie giovanili, come fanno più o meno tutti i ragazzi, questa attività divenne per me un aiuto durante la stesura delle mie opere teatrali. Mi succedeva, a volte, riscrivendo una commedia, d'impuntarmi su una situazione da sviluppare, in modo da poterla agganciare più avanti a un'altra, e allora, messo da parte il copione, per non alzarmi dal tavolino con un problema irrisolto, il che avrebbe significato non aver più voglia di riprendere il lavoro per chissà quanto tempo, mi mettevo davanti un foglio bianco e buttavo giù versi che avessero attinenza con l'argomento e i personaggi del lavoro interrotto. Questo mi portava sempre più vicino all'essenza del mio pensiero e mi permetteva di superare gli ostacoli. Per esempio, La gatta d' 'o palazzoe Tre ppiccerilli[33] mi aiutarono ad andare avanti con Filumena Marturano.Come la gatta lascia il biglietto da mille lire e mangia il cibo, così Filumena non mira al danaro di Domenico Soriano ma alla pace e alla serenità dei suoi figli. I quali figli sono poi i tre bambini sotto un ombrello che vidi davvero una mattina in un vicolo di Napoli, uniti nella poesia, separati nella vicenda teatrale fino al momento della rivelazione di Filumena. A poco a poco ci ho preso gusto e ora scrivo poesie anche indipendentemente dalle commedie».
 Così Eduardo presenta se stesso poeta nella quarta di copertina de Le poesie di Eduardo (edizioni Einaudi - Torino, 1975) Incuriositi da queste sue parole, noi leggemmo quelle poesie. Ci prendemmo gusto! Adesso abbiamo pensato di farle sentire anche a voi, sperando che possiate prenderci gusto tutti e concordare con noi che trent’anni fa l’Italia non perse solo un grande attore e un grande drammaturgo, ma anche un grande poeta!
Mariano Rigillo


mercoledì 27 agosto 2014

Evento - “AcquAria-Maratea step 36”. 10-14 settembre 2014Cinque giorni di musica, cultura, teatro, cinema ed il record subacqueo di Francesco Colletta


Dalla terra al mare. Dal mare alla terra per raccontare il territorio e promuoverlo. In questa direzione va anche “AcquAria-Maratea step 36”, la manifestazione che unisce sport, arte, natura e cultura. Organizzato dalla giovane società di servizi turistici “Lucania Promotion”, l’evento che si svolgerà dal 10 al 14 Settembre tra la zona del porto e Maratea Superiore (PZ), rientra nel cartellone delle iniziative estive promosse dal Comune di Maratea e sostenute dalla Regione Basilicata in concerto con l’Apt e la Lucana Film Commission. Quattro giorni in cui si alterneranno momenti di sensibilizzazione ambientale (con l’Operazione Fondali Puliti a cura del Gruppo Amatoriale Subacqueo), ad altri di promozione territoriale (con l’apertura di un punto di informazione turistica nella zona del porto) e di performance artistiche e concerti con il tema l’acqua. Ci saranno, poi, anche occasioni di confronto più tecnici e scientifici: presso le sale del Pianeta Maratea si svolgeranno, infatti, due importanti convegni: uno sul Turismo sostenibile e l’altro, nel quale interverranno ricercatori della Nasa, relativamente agli sviluppi della ricerca scientifica nel campo dell’iperbarica e della subacquea.
Evento di punta di “AcquAria” è, infatti, il tentativo di un record molto speciale: dalla mattina del 12 settembre al pomeriggio del giorno successivo, Francesco Colletta, speleologo marino pugliese e già detentore del record mondiale di 32 ore ottenuto per ben due volte sia alle isole Tremiti che nell’area marina protetta del Plemmiro in Sicilia, tenterà di fare ancora meglio: 36 ore di immersione continuata in mare. Un’impresa difficilissima, sia dal punto di vista fisico che psichico, ma di notevole suggestione perché effettuata in un tratto di mare tra i più spettacolari del Sud Italia, sicuramente tra i più ricchi in termini di storia e patrimonio culturale.

Programma AquAria-Maratea step 36
10-14 settembre 2014

Mercoledì 10 settembre:
17:00 Cerimonia apertura e presentazione evento a cura “Lucania  Promotion” presso Hotel Pianeta Maratea
18:00_20:00 Convegno medico-scientico con interventi Ricercatori NASA presso Hotel Pianeta Maratea
21:00_22.30 Proiezione del docu-film “ Un altro mondo” di Thomas Torelli presso il porto di Maratea

Giovedì 11 settembre:
10:30 Apertura sportello di promozione turistica presso porto di Maratea
18:00_20:00 Convegno: Turismo Sostenibile e Sociale presso Hotel Pianeta Maratea
21:30_22:30 Concerto: “La musica del mare” nel centro storico di Maratea

Venerdì 12 settembre:
08:15 Inizio immersione per tentativo di record presso Porto di Maratea con diretta video documentaria
20:00_24:00 Installazioni audio-visive nel centro storico di Maratea
21:30_22:30 Performance di interazione tra linguaggi (cross-mediale) a cura “Domus DE JANA” presso Porto di Maratea

Sabato 13 settembre:
11:00 Operazione “Fondali Puliti” (cura “Gr. Amat. Sub.”) presso
Porto di Maratea con diretta video e documentario
20:15 Fine immersione per tentativo di record con servizio televisivo in diretta con TG 1 RAI
20:00_24:00 Installazioni audio-visive nel centro storico di Maratea
21:00_22:00 Performance musicale “Io-acqua” (cura “Domus DE JANA”) presso Porto di Maratea
22:30_24:00 Cerimonia di chiusura dell’evento (a cura di “Lucania Promotion”) presso porto di Maratea e concerto musicale del gruppo “Musica Manovella”

Domenica 14 settembre:
10:30_10:45 Conferenza stampa su Record immersione presso Hotel Pianeta Maratea
11:00_12:30 Conferenza stampa su chiusura evento a cura di Lucania Promotion presso Hotel Pianeta Maratea


martedì 26 agosto 2014

Concerto – 8 settembre 2014, Patti Smith in a Scario



Sarà Patti Smith l’ospite d’onore di Equinozio d’Autunno 2014. La “sacerdotessa del rock” si esibirà gratuitamente a Scario il data 8 settembre alle ore 21:30, con la sua band, formata da Tony Shanahan (basso), Lenny Kaye (chitarra e voce), Jay Dee Daugherty (batteria) e Jack Petruzzelli (chitarra).


 Approfondimento: 
Patti Smith, presentata daondarock.it
(fonte articolo www.ondarock .it)

Con la sua voce, rabbiosa, febbrile, dolente, Patti Smith ha incarnato una delle figure femminili più dirompenti della storia del rock. I suoi primi lavori, con la mente proiettata nella avanguardie free-form e nelle improvvisazioni jazz e i piedi ben piantati in un primitivismo rock'n'roll, hanno gettato le basi per la nascente new wave. E la sua figura, a metà tra una oscura sacerdotessa e una pasionaria politica, è emersa come una delle più carismatiche del rock al femminile (e non solo). "Non ho mai pensato di essere una politica - dice - ma ho sempre voluto comunicare qualcosa. Sono americana e amo i principi su cui si fonda il mio Paese. Abbiamo la libertà, ma sento di avere una grande responsabilità per questo verso il resto del mondo". Non era lei, d'altronde, a cantare "Sono un'artista americana e non ho colpe"? E sulla sua parabola artistico-politica, ha recentemente osservato: "Ho avuto il privilegio di crescere in un periodo di rivoluzione culturale. E la musica ne è stata una componente. Forse non sono stata altro che una pedina, ma sono contenta, comunque, di aver contribuito a cambiare qualcosa".

Patti Smith è sempre stata pervasa dallo spirito dei grandi maudit del rock, da Jim Morrison a Lou Reed, da Janis Joplin a Bob Dylan. Quasi surreale il primo incontro con quest'ultimo, in camerino, dopo un concerto all'Other End. "Ci sono poeti da queste parti?", chiede Dylan. "Non mi piace più la poesia, la poesia fa schifo", lo gela la Smith. Ma il giorno dopo la copertina del "Village Voice" li ritrae abbracciati. E da quel giorno Patti trova in Dylan un amico, oltre che un maestro. Oggi l'esile e ossuta cantautrice americana porta addosso i segni di una vita turbolenta. I suoi capelli corvini si sono imbiancati e incorniciano un viso sempre più spigoloso e vivo, ma meno spiritato di un tempo. Come se i due figli e il dolore per la perdita del marito Fred "Sonic" Smith e del miglior amico, il fotografo Robert Mapplethorpe, avessero lenito il suo fervore allucinato. Quel fervore che segnò il suo esordio nelle cantine di New York dove Patricia Lee Smith, originaria di Chicago ma cresciuta a Pitman (New Jersey), approdò nel 1967.

Era già ragazza madre e scriveva poesie. Viveva anche con cinque dollari al giorno, dormendo in metropolitana o sulle scale esterne degli edifici. Per anni si barcamenò come commessa in un negozio di libri, critica di una rivista musicale, drammaturga. Quindi riuscì a entrare nel giro dell'intellighenzia newyorkese, da Andy Warhol a Sam Shepard, da Lou Reed a Bob Dylan. "Da bambina - racconta - non pensavo di diventare una rockstar. Sognavo di essere una cantante d'opera. Piangevo ascoltando Maria Callas e volevo diventare come le. Ma ero troppo magra...". Eppure la malia del rock l'aveva già presa quando, ragazzina, ebbe la sua prima eccitazione sessuale vedendo uno show dei Rolling Stones.

Patti Smith & Jerry MalangaLa Grande Mela la stregherà per sempre, tanto da indurla a tornarvi di recente, dopo la lunga parentesi di Detroit seguita al ritiro dalle scene nel 1980. "New York mi affascina. Con me è sempre stata amichevole. Ho dormito nei parchi, nelle strade, e nessuno mi ha mai fatto del male. Vivere lì è come stare in una grande comunità". E a New York Patti Smith fa la sua prima apparizione in pubblico nel 1969 (nei panni di un uomo) nella commedia "Femme fatale". Poi, scrive testi per i Blue Oyster Cult del suo compagno Allen Lanier, ha una relazione con Tom Verlaine dei Television di cui si invaghisce follemente (il rapporto "a tre" con Lanier e Verlaine sarà descritto nel 1979 nel brano "We Three") e compone le musiche per le proprie recitazioni libere, una tradizione di New York che in lei trova un'interprete suggestiva, sostenuta dalle chitarre inquietanti di Lanny Kaye. Ed è nei templi underground newyorkesi, come Cbgb's e Other End, che Patti Smith spopola insieme ai futuri compagni di strada: Television, Talking Heads, Ramones, Blondie. Il suo primo singolo, "Hey Joe/ Piss factory", segna l'anno zero della new wave americana. Sarà Lou Reed in persona a metterla in contatto con Clive Davis, presidente dell'Arista, che diventerà la sua etichetta storica.

Agli albori del punk arriva così il primo album Horses (prodotto da John Cale) che le vale subito un'enorme fama nel circuito underground americano. E' il disco che porta nella storia del rock un nuovo linguaggio musicale: una sorta di commistione tra recitazione "free form" e musica, in cui il testo diventa il punto di partenza, ma mai un limite; anzi, è spesso il veicolo che permette ai brani di espandersi e dilatarsi costantemente. Apre "Gloria", cover dei Them di Van Morrison. Una poesia inedita viene incastonata nell'originale blues. La voce è bella e potente, ma al massimo ringhia. Il credo cristiano trova nella Smith una dissacrante interprete: "Gesù è morto per i peccati di qualcun altro, non per i miei" e "I miei peccati sono solo miei: mi appartengono". "Redondo Beach" è invece un testo malinconico (si narra il suicidio di una ragazza), su un ritmo reggae, con il Group che si produce in delicati coretti. I nove minuti di "Birdland" scoprono le carte. Il testo viene improvvisato in studio sulla base di un racconto di Peter Reich: il bambino vede a bordo di una astronave il padre morto da tempo, e piange a lungo implorando di essere portato con via, ma non gli resta che coricarsi sull'erba. Canta solo la Smith, la chitarra solista resta rispettosamente da parte. "Free Money", frenetico boogie sul rapporto tra amore e denaro, è un'altra cavalcata sfibrante, con Kaye che macina chilometri di rock 'n' roll, e la Smith che, con il suo canto febbrile e gutturale, non fa altro che confermarsi una delle migliori interpreti rock di sempre. "Kimberly" è una ballata tipicamente new wave, condita di ghignetti vari e frasi d'organo, con echi sparsi dei Velvet Underground. In "Break It Up" c'è e si sente ululare la chitarra di Tom Verlaine. Da apprezzare, sullo sfondo, il lavoro di Sohl. "Land" è ulteriormente divisa in tre: "Horses", un crescendo isterico per voce e sezione ritmica, "Land Of Thousand Ballads", puro rock sognante, e "La mer(de)" continuazione sussurrata a tratti. Per altri nove minuti un certo Johnny, preso in prestito da William Burroughs, viene prima ucciso brutalmente, poi vive strane avventure. In "Elegie" compare anche Allen Lanier alla chitarra, che importa un certo clima solenne e melodico.

Disco d'intensità sconvolgente, Horses è il meno elettrico dei lavori di Smith negli anni 70, ma anche il più convulso, originale e punk, nonché il più "avanti" per attitudine. Tra gli altri meriti, avrà anche quello di folgorare sulla strada del rock Michael Stipe, futuro leader degli Rem: "Avevo delle schifose cuffiette graffianti dei miei genitori e un cesto di ciliegie davanti a me. Rimasi tutta la notte ad ascoltarlo. Era come la prima volta che uno si tuffa nell'Oceano e viene travolto da un'onda. Mi fece a pezzi. Capii da allora che volevo diventare un cantante e devo molto a Patti anche come performer". Già, perché dal palco Patti Smith è sempre riuscita a magnetizzare il pubblico. "È capace di generare più intensità con un solo movimento della mano di quella che la maggior parte degli artisti rock saprebbero produrre nel corso di un intero concerto", scrisse Charles Shaar Murray su "New Musical Express". "Le sue performance sono una battaglia cosmica tra demoni e angeli", aggiunse John Rockwell sul "New York Times". Un altro critico le paragonò alle doglie e al parto.

Patti Smith & Jerry MalangaI riferimenti prediletti della Smith sono i cantici di Allen Ginsberg, la recitazione jazz di Jack Kerouac, le liriche di Williams Burroughs. Ma il suo vero maestro maudit è Arthur Rimbaud, "il primo poeta punk". A lui è dedicato il secondo album, il vibrante Radio Ethiopia, perché l'Etiopia fu la seconda patria di Rimbaud. Se Horses era il suo disco più ruvido e dirompente, Radio Ethiopia è forse quello che amalgama al meglio le sue due anime, quella "punk", feroce e straziata, e quella più cupa e "solenne", che trova espressione in ballate d'intensità quasi liturgica. Due anime che spesso si rincorrono e si uniscono anche all'interno di uno stesso brano.
La chitarra di Lanny Kaye e la voce gutturale e lancinante della Smith marchiano a fuoco "Ask The Angels", un'ode (post?)punk che lascerà più di un'impronta su moltitudini di future new wave band. Il brano dimostra anche come, a differenza di molti suoi discepoli, Patti sappia anche irretire l'ascoltatore con ritornelli contagiosi e immortali. "Redondo Beach", poi, si butta su sonorità quasi reggae. Quando Smith pigia sull'acceleratore, però, nascono boogie indiavolati, come "Pumping My Heart", o sarabande allucinate, dense di umori psichedelici, come la title track, immersa in un nugolo di distorsioni. Il genere di cantilena free-form lanciato nell'album d'esordio torna soprattutto nella cupa e struggente "Ain't It Strange", intonata in quel suo registro dannatamente oscuro e seducente, o nella più quieta e composta "Distant Fingers". Il climax "mistico" del disco, comunque, sono i quasi cinque minuti di "Pissing In A River": a dispetto del titolo, è un'elegia cupa e solenne, che si snoda su una bella apertura melodica, prima che entrino minacciosi e i cori e gli assoli di Kaye a sfregiarne i contorni.

La ballata "Because The Night" (scritta insieme a Bruce Springsteen) è il singolo-trainante di Easter (1978), terzo centro consecutivo per la cantautrice di Chicago. Nonostante Patti l'abbia in seguito quasi rinnegata come "commerciale" (secondo i maligni, a causa del fatto che veniva identificato quasi solo come un brano di Sprigsteen), è invece una canzone possente e magnetica, che unisce al meglio vena melodica e fervore rock. Altra ballata commovente del disco è la mesmerica "Ghost Dance", incentrata sul dramma e sulla "resurrezione" dei nativi american: "We shall live again", canta la Smith su uno sfondo sonoro onirico e straniante. La produzione di Jimmy Jovine (in seguito al fianco dello stesso Springsteen e di Tom Petty) contribuisce a smussare alcune asprezze del suo sound, rendendolo più "musicale" e comunicativo, anche se, inevitabilmente, meno selvaggio. Esempio di questo nuovo corso sono due pezzi di quasi hard-rock classico, come "Till Victory" e "Space Monkey". Ma il tipico rock'n'roll anfetaminico della Smith torna a trionfare nella impetuosa cavalcata chitarristica di "Rock 'n' Roll Nigger". All'interno del disco, spiccano la foto di una bandiera americana (che desterà polemiche) e l'immagine da bambino di Arthur Rimbaud, eterno ispiratore dell'arte di Patti. Easter ha il solo torto di essere stato preceduto da altri due capolavori come Horses e Radio Ethiopia, giacché possiede intatte le stimmate di un talento fuori dal comune. Se qualche critico comincerà a storcere il naso, il pubblico, invece, tributerà un enorme consenso all'album, consacrando definitivamente la Smith come rockstar e non più (solo) autrice di culto.

Il trionfo viene bissato solo in parte un anno dopo con Wave, album leggermente inferiore, ma pur sempre forte della psichedelica "Dancing Barefoot" (ripresa anche dagli U2) e dell'intensa ballata di "Frederick", dedicata a Fred "Sonic", il marito della Smith, che morirà non molto tempo dopo. Suggestiva anche la cover al cardiopalmo di "So You Want To Be (A Rock 'n' Roll Star)" dei Byrds. In fase di produzione, l'album si avvale di un'altra vecchia volpe degli studios, il geniale cantautore Todd Rundgren.

Lo stile di Patti Smith ha segnato un solco profondo nella storia del rock. I suoi ululati da belva in gabbia, i suoi acuti dirompenti, i suoi lamenti da moribonda in preda agli ultimi spasmi hanno affondato definitivamente la tradizione del "bel canto", dei voli epici di una Grace Slick, aprendo la strada a una nuova interpretazione, ruvidamente "punk" del ruolo di cantante. Ma è proprio questa la sua forza, la forza di una sciamana selvaggia che riesce a elevare le parole oltre il linguaggio, grazie al potere visionario della musica. Il suo messaggio, in realtà, è stato spesso confuso. Ha dichiarato che i suoi tre poeti americani preferiti erano Jim Carroll, Bernadette Mayer e Mohammed Alì. Ha proclamato migliori performer di tutti i tempi Mick Jagger, Cristo e Hitler, per la loro capacità di trascinare le masse. Ha cercato conforto nel Cristianesimo post-Concilio Vaticano II (Papa Luciani, il suo preferito, appariva all'interno di Wave) e nel Buddhismo. Ha predicato a lungo il rock come "forma di comunicazione delle anime". E ha lanciato inni populisti, un po' demagogici, ma pur sempre efficaci, come "People Have The Power", l'hit-single estratto dal modesto Dream Of Life, con cui tornò sulle scene nel 1988.

Oggi Patti Smith prega per il Dalai Lama (all'invasione cinese in Tibet ha dedicato "1959", nel suo penultimo album Peace And Noise). Dice che la "crocefissione di Bill Clinton" per il caso Lewinski è stata la crocefissione della sua generazione, quella della liberazione sessuale. E ha scelto una filosofia positiva: "Da bambina ero così debole e malata che non pensavo di riuscire a vivere a lungo. Oggi la mia vita è buona, malgrado i dolori che ho dovuto superare. È stata una gran vita e sono ancora qui!".

Patti Smith & Jerry MalangaLa sua produzione degli anni Novanta, tuttavia, non ha più alcun legame con i suoi grandi capolavori del passato. E se Dream Of Life provava almeno con una ballata come "Paths That Cross" a risvegliare i fantasmi del passato, i successivi album sono stati quasi uniformemente all'insegna di un mesto declino, aggravato dalla pervicacia nel voler ripetere in eterno lo stesso canovaccio. Gone Again (1996) prova ancora a imbroccare una ballata doc con "My Madrigal", riuscendovi solo in parte, mentre quando sceglie le corde dell'hard-rock (la title track o "Summer Cannibals") affoga in una banalità imbarazzante. Quello che stupisce, semmai, è la rinnovata forma di Patti Smith come interprete, testimoniata anche da alcune sue brillanti performance dal vivo. Oltre alla già citata e convincente "1959" (che riesce a strappare anche una nomination ai Grammy), però, non resta molto da salvare neanche sul successivo Peace And Noise (1997): il tono elegiaco, accentuato dalla predilezione per le ballate pianistiche, non è più supportato dalla vena poetica degli anni d'oro, la scrittura è piatta e scialba, e gli oltre dieci minuti di "Memento Mori" sono una minaccia quasi più dello stesso titolo.

Nonostante i flop dei suoi ultimi dischi, Patti Smith non demorde e torna di prepotenza nel 2000 al grido di Gung Ho. "È una espressione cinese, che indica proprio la voglia di continuare a combattere con entusiasmo. È lo spirito dell'album: voglio chiudere questo secolo e affrontare il nuovo con un'energia positiva". Ma "Ho" è anche un omaggio a Ho Chi Minh; mentre il ricordo del padre, Grant Smith, è affidato alla foto di copertina, che lo ritrae soldato durante la Seconda guerra mondiale. "Gung Ho" viaggia nel solco di un rock classico. E vibra, a tratti, di echi degli anni d'oro, grazie anche alle chitarre virtuose di Tom Verlaine (ex-leader dei Television) e Lenny Kaye (colonna storica del Patti Smith Group). "One Voice" (in memoria di Madre Teresa), la struggente "China Bird" e "Glitter In Their eyes" (con Michael Stipe al controcanto) i pezzi più suggestivi di un disco che comunque non resterà certo tra i lasciti più memorabili della poetessa del rock.

Arrivata alla veneranda età di 56 anni, Patti Smith pubblica anche la sua prima raccolta di successi - un'antologia di tracce, inediti, classici del suo repertorio, demo, pezzi live e altre rarità, ribattezzata Land (1975 - 2002). Un'opera ad ampio respiro, che raccoglie brani ormai leggendari del repertorio della "sacerdotessa del rock", da "Gloria" a "Ghost Dance", da "Pissing In A River" a "Dancing Barefoot", da "Ask The Angels" a "Because The Night", per approdare fino ai successi più recenti: "People Have The Power", "1959" e "Glitter In Their Eyes". Chiude il primo Cd l'inedita cover di "When Doves Cry" di Prince. Per i fan più casuali, un più succinto compendio della sua carriera ("Outside Society") uscirà nel 2011.

La pasionaria di Chicago, però, è testarda e non vuole proprio fare i conti con l'età e con la fine di un'epoca, di cui è stata indubbia protagonista. Le undici tracce di Trampin' (2004), debutto per la nuova etichetta Sony/Columbia, scorrono via senza lasciare segni, come un'innocua selezione di Adult Oriented Rock trasmessa da una qualsiasi stazione Fm americana. Il fido chitarrista Lenny Kaye e il batterista Jay Dee Daugherty, più Tony Shanahan al basso e alle tastiere e Oliver Ray sempre alla chitarra, formano senz'altro una line-up di qualità, cui si aggiunge un accurato lavoro in sala di registrazione. Musica ben suonata e ben prodotta, dunque. Ma senza sussulti. I momenti più godibili sono forse quelli in cui la signora Smith tenta di rinverdire le radici più pure del rock seventies: l'iniziale "Jubilee", anthem politico in cui la celebrazione del Giubileo diventa sinonimo di ricordo e protesta al contempo, la ballatona di "Mother Rose", rievocazione dell'adolescenza al suono di un nostalgico hammond, il country ombroso di "My Blakean Year", il quasi hard-rock di "Stride Of The Mind", con un riff ossessivo di zeppeliniana memoria che s'insinua tra farfisa e armonica. E a voler essere un po' sentimentali ci si può anche lasciar emozionare dal duetto di Patti con la figlia Jesse Paris Smith, che l'accompagna al pianoforte nella title track "Trampin'", un sommesso spiritual reso famoso dalla contralto americana Marian Anderson.

Ma troppe ballate folk ("Peaceable Kingdom", "Cartwheels", "Trespasses") rischiano di appesantire le palpebre dell'ascoltatore, troppe parti spoken sfociano in logorrea (l'ode accorata di "Gandhi") o affogano nel mare della retorica (i 12 minuti di "Radio Baghdad"). Ascoltando Trampin', sembra quasi di vedere un'ex sibilla che ipnotizzava le folle con le sue profezie in trance voler tentare di riproporre l'esperimento quando la trance è finita e tutti sono andati via.

Il 12 marzo 2007 Patti Smith è stata annoverata tra le celebrità della Rock and Roll Hall of Fame, mentre nel mese successivo ha pubblicato il nuovo album di cover, dal titolo Twelve, in cui si è riappropriata di 12 leggendarie canzoni tratte da repertori di mostri sacri quali Jimi Hendrix, Nirvana, Rolling Stones, Jefferson Airplane, Bob Dylan, Neil Young e Stevie Wonder. Si tratta comunque di un episodio trascurabile nella sua discografia, che soffre ormai da diversi anni la mancanza di un nuovo gioiello.

Nel 2008 Patti Smith torna a far parlare di sé in veste di "lettrice" dei propri versi. Merito di The Coral Sea, sensibile requiem postumo per l'amico, Robert Mapplethorpe. Straziante opera di rimpianto e nostalgia, nel solco della grande poesia americana post-beat generation, questo lungo poema scritto dalla Smith è diventato nel 2005 una performance, rappresentata dalla cantautrice americana assieme a Kevin Shields dei My Bloody Valentine, che ha musicato con chitarra e tastiere la lettura del testo. Il doppio cd raccoglie queste performance in due edizioni, la prima del 2005 e la seconda l'anno successivo, alla Queen Elizabeth Hall di Londra, ottenendo cinque stelle dal prestigioso critico del "The Guardian", che definì le esibizioni dei due "magical".
The Coral Sea descrive gli ultimi giorni di sofferenza della malattia di Mapplethorpe con visioni, urla, confessioni, riflessioni escatologiche recitate, rivissute sopra oceani di layer sonori con i quali vengono raggiunti singolari climax emotivi sui quali la voce sembra navigare a vela, in simbiosi con venti e marosi.

Nel 2012 Patti Smith viene invitata come ospite a condividere il palco con i Marlene Kuntz al festival della canzone italiana di Sanremo.
L'inedita coppia propone "Canzone per un figlio", che i Marlene presentano in concorso, una toccante "Impressioni di settembre" (della PFM) e la celebre hit "Because The Night". Ne risulterà uno dei momenti più emozionanti della storia del festival sanremese.

A giugno dello stesso anno la Smith pubblica Banga, che segna il ritorno verso una più canonica forma canzone. L'album è un susseguirsi di omaggi a personaggi del presente e del passato: che si tratti di persone care a Patti o mai conosciute poco importa, quello che ne esce è sempre frutto di una scrittura brillante, profonda e illuminata con pochi uguali nella scena musicale contemporanea. Ogni singola traccia ha una storia da raccontare, non è mai buttata lì per caso per il gusto di riempire uno spazio, ma si conquista una ragione d'esistere nell'economia dell'album.
"Amerigo" è dedicata alle peripezie del Vespucci che scoprì il Nuovo Continente, "Fuji-San" è per la popolazione giapponese colpita dello tsunami (con annesso disastro nucleare), "This Is The Girl" è l'accorato requiem per Amy Winehouse, uno dei simboli pop dei nostri tempi, "Maria" è l'elegantissimo omaggio alla recentemente scomparsa Schneider di "Ultimo Tango a Parigi", "Tarkovsky" è dedicata al celebre regista russo, "April Fool" al connazionale scrittore Gogol, "Nine" è un birthday present per Johnny Depp, e così via, fino al tributo conclusivo concesso a Neil Young, materializzato nella riproposizione dell'evergreen "After The Gold Rush".
Dal punto di vista squisitamente musicale, Banga si impone come uno degli album più orecchiabili di Patti Smith, forse il più fruibile in assoluto, senza che la sua accessibilità vada ad inficiare la qualità del materiale proposto. Un disco che emana forza già dal rotondo ed efficace trittico iniziale, e che non disdegna puntate verso segmenti spoken psych-rock ("Tarkovsky" è degna del miglior Jim Morrison) e delizie di incalzante rock, come nel caso della title track ispirata al cane di Ponzio Pilato, così come raffigurato in un romanzo di Bulgakov. Neppure nella traccia più lunga ("Costantine's Dream", ispirata da un quadro di Piero della Francesca e contenente parti recitate in italiano, si approssima ai dieci minuti) l'album perde verve, riuscendo a far mantenere sempre altro il livello di attenzione.
Banga è un gran bel lavoro, da ascoltare, da leggere, da approfondire, da vivere, da condividere. Senz'altro il suo miglior disco di canzoni dal 1979 ad oggi, condito da un esaustivo libretto interno e dalla presenza dei fedelissimi di sempre Lenny Kaye e Tom Verlaine (che mette a segno un paio di assoli su "April Fool" e "Nine"), a preservare una volta di più il filo di continuità con il passato.
Patti Smith, anche nel nuovo millennio, si conferma un personaggio idolatrato verso cui nutrono massimo rispetto persino le generazioni più giovani. Un monumento, un patrimonio dell'umanità, da amare, proteggere, salvaguardare. La sacerdotessa del rock non vive di rendita su un pur glorioso e significativo passato e si dimostra molto più viva e veemente di tante nuove voci già belle e pronte per il processo di mummificazione.

(fonte ondarock.it)

Evento – Cavalieri, fate ed elfi all’ex Salid


 Torna il Salerno in Fantasy: dal 29 al 31 agosto il Parco dell’Irno (ex Salid) si animerà di cavalieri e fate in una suggestiva chiave fantasy medievale, dove poter rivivere le magiche atmosfere di Tolkien. La manifestazione aprirà i battenti alle 10.00 del mattino, per proseguire fino alle 24.00 con i concerti degli Shillelagh, Il Pozzo di San Patrizio e I nemici di Batman. Tantissime le attività in programma della prima convention interattiva dedicata al Pop-Fantasy, dove giochi di ruolo, conferenze e spettacoli live si fonderanno in un’insolita quanto suggestiva chiave medievale. Non mancherà un’area destinata ai più piccoli ed una sezione food. Tra i fiori all’ occhiello della manifestazione ricordiamo la presenza della Ghostbuster Italia, giunta a Salerno per i 30 anni del film ed uno spazio dedicato al Museo del Videogioco a cura dell’ Associazione 64. 
"E' una manifestazione di grande valore ed interesse - ha dichiarato il Sindaco De Luca nel corso della conferenza stampa di presentazione - E' un evento destinato a crescere nel corso degli anni, bello perché si intreccia con altre esperienze di cultura giovanile e con le forme più tradizionali della cultura ed incontra l'espressività e la creatività legate alle nuove tecnologie. E, con le migliaia di presenze anche esterne che la manifestazione registrerà, sarà, inoltre, un ennesimo evento di promozione turistica ed economica della nostra città. Eventi come il Salerno in Fantasy contribuiscono alla trasformazione dell'anima della nostra comunità, alla crescita di un temperamento, di un carattere, di una personalità della nostra città degni di una moderna realtà europea".

(fonte: ufficio stampa Comune di Salerno)