martedì 16 aprile 2013

CULTURA -TURISTA RESIDENTE!


di Rosanna Gentile

La storia, l’arte e la cultura sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti, ma spesso non ci facciamo caso. La vita che corre, gli impegni, il lavoro (o la ricerca di esso), induce a trascurare le cose stupende che abbiamo sotto al naso. Molti, poi, nel tempo libero cercano freneticamente mete turistiche da conoscere, ignorando quasi del tutto il “nostro”, le bellezze di casa. Rimediare è semplice. Basta una semplice passeggiata per il quartiere antico di Salerno per incontrare le improvvise preziosità di chiese monumentali, palazzi che nascondono dietro ai propri eterni portoni porzioni di storia, fontane, edicole votive, resti archeologici, elementi barocchi, quasi impercettibili ad uno sguardo distratto, ma che costituiscono il vasto patrimonio artistico del tessuto urbano salernitano.
La provincia di Salerno vanta una plurimillenaria esistenza, che parte dai più lontani insediamenti etruschi prima, greci e romani dopo, sino a divenire regno longobardo, prima ancora che normanno. Ha vissuto intensamente la stagione risorgimentale fino a giungere ai tempi nostri, in cui l’edilizia più propriamente moderna convive e si adatta agli antichi echi di un glorioso passato. 
Riportare alla memoria, attraverso l’osservazione, lo studio diretto delle fonti e il racconto degli stessi cittadini, i dati storici, gli aneddoti e le vicende umane che hanno caratterizzato i più importanti siti culturali della provincia diventa un dovere (oltre che un piacere!) al fine di continuare a garantire la loro stessa conservazione, tutela ed esistenza. 
Ora che ci siamo lasciati alle spalle l’inverno, con le sue impossibili intemperie, usciamo alla scoperta dei nostri tesori: passeggiamo, con il naso all’insù, per la nostra città. Lasciamoci guidare dalla bellezza e dalla volontà di scoprirla. Armiamoci di una cartina di Salerno, scarpe comode, buona compagnia e.. diventiamo turisti della nostra città! 
Vi suggerisco alcuni posti o dettagli di essi che vale la pena vedere

·         Forno Municipale (oggi laboratorio di restauro del Museo Archeologico Provinciale)
·         Piazza Flavio Gioia: fontana; Porta con statua di San Matteo e Edicola votiva dedicata alla Vergine
·         Largo Matteo D’Aiello: fontana
·         Largo Campo: fontana; Palazzo Genovese
·         Largo Barbuti: Chiesa di Santa Maria
·         Museo della Chirurgia Roberto Papi, in via Trotula de Ruggiero (parallela di Via Tasso)
      Largo Montone e Palazzo Copeta 
·         Vicolo della Neve: Domus Romana
·         Palazzo Ruggi D’Aragona: Fontana di Nettuno  
·         Palazzo San Massimo (o Maiuri; all’interno c’è la Chiesa)
·         Ex Chiesa di Sant’Apollonia
·         Giardini della Minerva (panorama mozzafiato)
·         Villa Avenia
·         Ch. Santa Maria de Lama (due basiliche: superiore e inferiore)
·         Ch. San Pietro a corte
·         Ch. S. Salvatore da Fondaco
·         Palazzo D’Avossa
·         Palazzo Conforti
·         Complesso monumentale di Santa Sofia
·         Ch. Di Sant’Andrea de Lavina (spalle Largo campo!)
·  Edicole votive: nel centro storico sono all’incirca una cinquantina (via Mercanti, via delle Btteghelle,etc.)
·         Chiesa di Santa Maria de Alimundo (spoglie di Masuccio Salernitano)
·         Ch. San Filippo Neri
·      Palazzo Pinto (pinacoteca); antica Cappella dedicata alle Anime del Purgatorio (dal 1868 Pasticceria Pantaleone)
·         Ex Chiesa di San Gregorio (oggi Museo virtuale della Scuola Medica Salernitana)
·         Cattedrale di San Matteo, con cripta


lunedì 15 aprile 2013

TRADIZIONE SALERNITANA IN LUTTO: È MORTO DON CICCIO IL PASTICCIERE

di Rosanna Gentile

“È venuto a mancare all’affetto dei suoi cari Francesco Alfinito, Maestro Pasticciere”. Così recita il manifesto funebre che pone un punto a una lunga storia d’amore, quella di Don Ciccio e i suoi dolci. Aveva 91 anni quando, nelle prime ore del pomeriggio di sabato, il suo cuore ha smesso di pulsare. Quasi un secolo di vita, in lunga parte trascorsa nei laboratori di Pantaleone, la storica pasticceria sita nel centro antico di Salerno. Sempre sorridente, spesso canterino, Don Ciccio, come lui stesso mi raccontò qualche anno fa nell’ambito di una preziosa intervista, cominciò a dedicarsi all’arte dei dolci quando era poco più che un bambino e da allora non ha mai smesso, neanche quando l’avanzare dell’età lo costrinse alla pensione. Perché per lui creare zuccherine delizie era qualcosa di più di una passione, naturale come respirare.
Ricordava gli anni da Pantaleone con infinita malinconia, perché prima tutto era più semplice, a partire dai clienti, con i quali instaurava un rapporto diretto e confidenziale. “Il cliente – raccontò - poteva scegliere i prodotti appena sfornati direttamente dalle teglie, nel laboratorio. A volte i dolci andavano a ruba prima ancora di arrivare nelle vetrine espositive. Ora non è più permesso far entrare nel laboratorio i clienti, per igiene, ma onestamente era più bello”.  Ironico e dal cuore d’oro, con tanta pazienza ripercorse con noi i tempi che furono e vogliamo ricordarlo con una frase semplice ma che la dice tutta su di lui: “Preparavo dolci di ogni specie e qualità: il babà piccolo, lo sciù bianco, quello rosa, le zeppole bignè e tanti altri. Il più venduto era la zuppetta a pasta, il miglior dolce con la ricotta di Salerno, ma era famoso anche il Mont Blanc, con la panna e le castagne. Tutti i dolci li preparavamo con le mani, senza macchinari, perché con le macchine non vengono bene”.

LIBRI - "PRONTO SOCCORSO CINEMATOGRAFICO PER CUORI INFRANTI: QUANDO UN FILM DIVENTA UNA CURA".


di Rosanna Gentile 


Magari esistesse uno scudo per proteggere le nostri carni dai dardi di Cupido, quel puttino insolente che ci spinge a fare cose assurde. Magari avessimo un block notes con su appuntate specifiche formule algebriche per guarire dalle pene d’amore. Un vademecum per spegnere l’interruttore che muove i fili delle emozioni. E no, purtroppo non esiste nulla di tutto ciò.
Soffrire fa parte di noi. È la nostra natura di esseri umani a far si che dai nostri occhi escano le lacrime e che il nostro cuore, qualche volta, si frantumi in piccoli pezzi. Di solito il tempo è l’unico alleato: è solo grazie allo scorrere dei giorni, dei mesi e (per i più sfigati) degli anni, che si riesce a convivere con il dolore fino a non sentirlo più. Perché tutte le sofferenze, prima o poi, diventano un puntino che colora una minima frazione della nostra anima, fino a diventare un ricordo.
I nostri cari, i nostri amici, nella fase acuta della sofferenza (cioè nell’arco di tempo che intercorre dal misfatto alla guarigione) ci ripetono continuamente che presto passerà e che ci sono passati in tanti. Come se l’idea che qualcun altro abbia sofferto come noi, alleggerisca il masso che ci sta schiacciando il cuore. E in effetti, questa cosa in certi casi funziona (mal comune mezzo gaudio!).  
Ma nel frattempo che il tempo passi (scusate il gioco di parole), qualcosa si può fare.
L’ideale sarebbe riuscire ad osservare la nostra situazione dall’esterno, come se stesse capitando ad altri, semmai ad un amico che è lì di fronte a noi e ci confida le sue pene. Una sorta di astrazione dell’essere. Un uscire fuori dal corpo e osservare da lontano le situazioni di disagio. C’è chi la chiamerebbe esperienza extracorporea!
Come si fa a proiettare la propria coscienza oltre i confini corporali e, quindi, oltre la situazione che ci induce a soffrire? Come si fa a capire che quello che ci sta capitando può naturalmente capitare, anzi capita spesso e a tante altre persone? Un modo c’è! 
Basta premere il tasto play di un lettore dvd e guardare un film che ripercorre, nella sua trama, il dramma interiore che stiamo vivendo sulla nostra pelle ed ecco l’extracorporaneità (esiste questa parola?!) è compiuta. Semplicemente geniale!
Questa genialità non è mia. È di una persona estremamente interessante che ha racchiuso questo concetto in un libro unico nel suo genere: “Pronto soccorso cinematografico per cuori infranti”, esordio letterario di Manlio Castagna, sceneggiatore, regista e studioso di semiologia degli audiovisivi. 250 pagine in cui Castagna propone una cura cinematografica per ogni mal d’amore, con tanto di posologia e consigli. Dalla separazione al tradimento; dalla paura del definitivo “si lo voglio” alla gelosia che logora i pensieri (e buona parte di fegato); dalla morte della propria metà all’alienazione di sé stessi per amore, passando per tutte le sfumature relazionali che ci sono nel rapporto a due, anche quando rischia di diventare a tre e, quindi, a uno.
Ogni paragrafo tematico racchiude spunti di riflessioni sulla vita di coppia, tratti da echi di esperienza vissuta o conosciuta e filtrata da un impeccabile sguardo scientifico, che, pagina dopo pagina, induce inevitabilmente a una scansione di sé stessi e della propria situazione sentimentale.
Per ogni malessere d’amore, una cura in film, perché “dove falliscono le parole consolatorie dei parenti, i consigli pieni di buone intenzioni degli amici e il rimuginare della mente, c'è il trionfo del cinema”, recita il quarto di copertina.
Un libro da leggere sempre, leggero ma al tempo stesso intenso. Una sorta di vino bianco letterario, che scivola facile in gola, ma poi ti ubriaca una volta che ti alzi da tavola. Un libro che con semplicità e schiettezza ti coltiva la mente e il cuore, sfiorando concetti profondi e straordinariamente umani, senza nessuna presunzione di farlo. Un libro che ognuno dovrebbe possedere nell’armadietto dei medicinali, tra i cerotti e l’aspirina, perché il cuore è l’organo che più spesso si ammala.  

(foto tratta dal profilo Facebook di Manlio Castagna)

venerdì 12 aprile 2013

UN AUTO DA MITO!



Di Giuseppe Gentile

Alfa Romeo MiTo con nuovo cambio TCT.
Da qualche anno, precisamente dal 2010, è possibile equipaggiare l’Alfa Romeo MiTo col nuovissimo cambio TCT. La scelta della versione è caduta sul nuovo motore 1.4 Turbo MultiAir che, privo delle tradizionali farfalle, “dosando” l’aria direttamente dalle valvole di aspirazione riesce ad erogare 135cv.
Alfa TCT (Alfa Twin Clutch Transmission) è il cambio automatico doppia frizione a secco "Dry" (la tipologia di frizione che garantisce il più alto grado di efficienza in termini di consumi tra i cambi automatici) a 6 rapporti Alfa Romeo. Se confrontiamo le frizioni "Dry" con quelle in bagno d’olio ("Wet") si può affermare che le prime dissipano energia soltanto durante la fase di slittamento nel cambio marcia e nello spunto, mentre le frizioni "Wet", girando sempre in bagno d’olio, introducono perdite per attrito viscoso come quelle dei cambi automatici convenzionali anche quando non sono azionate. In più necessitano di raffreddamento forzato con olio e quindi di un continuo dispendio energetico per il trascinamento della pompa d’olio dedicata (assente nel caso delle frizioni "Dry"). Sfruttando due gruppi di ingranaggi (uno per le marce pari, l’altro per quelle dispari e per la “retro”) il TCT promette piacere di guida, fluidità nella cambiata e consumi ridotti. Interagisce con tutti i sistemi elettronici della vettura per un miglior comportamento su strada a seconda delle condizioni di guida e dello stile del guidatore, Alfa TCT “dialoga” continuamente con il selettore Alfa DNA e quindi con: sistema frenante, sistema sterzante, centralina di controllo del motore, controllo di stabilità del veicolo. La trasmissione Alfa TCT può essere utilizzata in funzione automatica o sequenziale, a seconda che il conducente sia alla ricerca di una guida più confortevole o sportiva; in modalità sequenziale le cambiate possono essere effettuate con le posizioni UP e DOWN della leva del cambio oppure attraverso i comandi al volante (optional). C’è un po’ di latenza nel cambio tra la prima e la seconda marcia ma può essere risolto interagendo col sequenziale.
Aquistando un’ Alfa Romeo Mito si ha la possibilità di avere tre auto grazie al manettino DNA. Infatti l’auto cambia totalmente a secondo della selezione e non è da meno la risposta del cambio TCT. In posizione N (Normal) si ottiene una guida confortevole,  motore con risposta standar ma brillante, Vehicle Dynamic Control molto discreto, un DST attento a evitare il sovrasterzo, sterzo attivo dual pinion con taratura standard, VDC e ASR con settaggio standard. Spostandosi in posizione W (All Weather) si accentua l’effetto del controllo di trazione e accresce la sensibilità sul multi-split (utile per quando l’auto marcia su fondi di aderenza differenziata, ad esempio 2 ruote sul ghiaccio e due sull’asfalto). Questo sistema consente di ottenere la massima tenuta di strada in condizioni di scarsa aderenza. Infine selezionando la modalità D (Dynamic) si ottiene una sensazione di guida più sportiva che garantisce un controllo impeccabile, lo sterzo viene reso meno servoassistito: un leggero impulso sul volante invita il driver a compiere la manovra più corretta. Il sistema Dynamic offre al guidatore un maggior controllo sull’accelerazione laterale, una migliorata  prontezza del motore (la coppia si alza a 230Nm a 1750 giri!) e una maggior sicurezza in frenata grazie al Pre-fill che mette preventivamente in pressione l’impianto frenante in caso di emergenza. Sedendosi al volante della MiTo si ci accorge subito del suo ”DNA” sportivo. Che dire un’auto ben fatta!




martedì 9 aprile 2013

GALLERIA D'ARTE. Omaggio a Edward Weston


di Rosanna Gentile
                                                                                                   
“Ho realizzato questo disegno allo scadere dell’estate 2012.
Ero a pranzo con Miriam Mottola, una persona la cui amicizia mi accompagna da quando ho cominciato ad affacciarmi alla vita. Insieme, volevamo mettere appunto un progetto artistico e creativo, basato sulla realizzazione di una serie di disegni legati a un filo tematico preciso: il corpo umano nella sua forma più perfetta. E quando si parla di perfezione artistica non si può non pensare a Edward Weston. Uno dei fotografi della straight photography dei primi decenni del ‘900 che più mi affascina (a tal punto da dedicargli un paragrafo della mia tesi specialistica sulla Fotografia Erotica).
Così, presi dalla mia modesta biblioteca privata d’arte, un paio di testi, tra i quali c'era anche il manuale di una mostra del maestro. Scelsi lo scatto che avrei tradotto in   disegno. Miriam fece lo stesso. Ad ispirarmi fu un asciuttissimo torace in dinamica torsione, di quelle che evidenziano tutti i muscoli tipiche dei culturisti. Miriam, invece, sebbene spaventata dai piedi (disegnare le venature e i tendini dei piedi è un incubo!), scelse proprio la parte inferiore di un corpo nella medesima torsione del mio. 
I nudi di Weston, come del resto tutta la sua arte, sono estremamente complessi: per capirli bisogna inevitabilmente spiegare che in essi protagonista non è la carne, bensì la mutilazione, che trasforma il corpo nudo in forma audace. Un nudo senza testa, talvolta senza arti, viene percepito in maniera diversa ed insolita: il corpo cambia e turba. Affascinato soprattutto dalle forme e dai volumi, non c’era in lui alcuna intenzione di trasmettere erotismo. I suoi nudi sono essenzialmente celebrazioni della realtà, senza alterazioni o cambiamenti di nessuna sorte, ma semplicemente propongono la rivelazione del corpo umano, da intendersi come particella della natura. In natura, secondo Weston, le forme si somigliano e possono rivelare sé stesse attraverso l’obbiettivo fotografico. La metamorfosi dei nudi impersonali e decontestualizzati, diventano testimoni dell’analogia delle forme esistenti in natura. 
A parte i lunghi concettualismi tipici di noi storici dell’arte, nel giro di una settimana i nostri “pendant” furono pronti. Scegliemmo la stessa tecnica (carboncino nero) e lo stesso supporto, con le medesime dimensioni (cartoncino ruvido 50X70 cm). Le nostre prime due creature ci entusiasmarono a tal punto da pensare (la mente corre più veloce del vento) a una mostra.  
Il progetto, che battezzammo simpaticamente “Terry&Maggie”,  finì nel fondo di uno dei mille cassetti che ho nella mia testa, finendo per divenire un sogno da realizzare. Il disegno, invece, reale più che mai, è oggi incorniciato e decora una parete della mia casa”. (R.G.) 
                                                   







lunedì 8 aprile 2013

Cultura. Torna la Mostra della Minerva.


SALERNO - Nell’incantevole scenario della Villa Comunale in via Roma a Salerno, torna la Mostra della Minerva diventata una delle più importanti e prestigiose kermesse florovivaistiche d’Italia. Lungo i viali saranno esposti fiori e piante, si svolgeranno lezioni ed eventi. Il tutto dedicato agli appassionati dei giardini e del verde in un comparto dai notevoli risvolti turistici ed economici.  
Il taglio del nastro è in programma venerdì 12 aprile alle ore 16.30 in Villa Comunale alla presenza del Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. La Mostra resterà aperta fino a tutta domenica 14 aprile. I dettagli dell’eventi, le rarità botaniche, gli eventi speciali della manifestazione saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa convocata per mercoledì 10 aprile alle ore 10.30 nel Salone del Gonfalone-Palazzo di Città in via Roma a Salerno.

Trasporti. La proposta di Cuozzo a Trenitalia: "Corse estive per raggiungere il Cilento"


Trasporti, Cuozzo a Trenitalia: 
“Corse estive per raggiungere il Cilento”

“Ho chiesto ai vertici di Trenitalia di istituire per i mesi estivi un treno speciale  che colleghi Napoli e Salerno alle mete d'interesse turistico della costiera cilentana”. Lo annuncia l'assessore provinciale ai Trasporti, Michele Cuozzo, in una missiva indirizzata alla Direzione generale Campania di Trenitalia. “La proposta – aggiunge – nasce dalla necessità di potenziare il servizio in un'area particolarmente sollecitata, soprattutto nel periodo estivo, da un sostenuto flusso veicolare. L'istituzione di tali corse comporterebbe un sostanziale l'alleggerimento del traffico e, nel contempo, contribuirebbe a offrire un ulteriore servizio ai tanti pendolari che, quotidianamente, raggiungono quelle zone”.

MUSICA. Dentro lo stivale di Battiato


Dentro lo stivale di Battiato
di Rosanna Gentile

Era il 1991 quando Franco Battiato legava testo e musica in uno dei pezzi più significativi della storia musicale italiana, quella impegnata, quella politicizzata, quella che sceglie di intonare una rivoluzione civile da combattere con la cultura e le parole.
Povera Patria (chi non la conosce?!). Usciva in “Un cammello in una grondaia”, il sedicesimo e fortunato album di Battiato che vanta in copertina un dipinto dello stesso cantante. Otto le tracce in esso raccolte, di cui quattro sue e quattro elaborazioni per orchestra di pilastri della musica classica, come Wagner e Beethoven.  Ma torniamo a Povera Patria. Premettiamo che i testi di Battiato erano lontani, per scelta, dalla politica e per capire i fili che facevano fluttuare quel testo d’infinita attualità e contemporaneità, dobbiamo inevitabilmente richiamare alla memoria un determinato e vergognoso momento italiano. Sono gli anni dei morti ammazzati per mano della mafia e sono gli anni del CAF. Quelli, cioè, della coalizione di Pentapartito, nata nell’81 come accordo siglato tra Bettino Craxi, Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani (da cui la sigla CAF!) e morta proprio nel 1991. Siamo in un drammatico momento italiano, ossia la vigilia di Mani Pulite, l’inchiesta condotta dalla P.R. di Milano, che travolse quasi tutti i politici italiani, gettando il Paese nella vergogna.
Dolce come spesso è, la melodia di Battiato culla le parole, che immerse in una straziante antitesi, sono dense, aggressive e dirette. Parla di patria: una parola ad oggi tornata di uso diffuso, ma che fino a questa meravigliosa canzone non si sentiva più di tanto, perché richiamava vecchi echi fascisti di un’epoca ormai sepolta sotto piazza Loreto. È una dichiarazione di sdegno e sofferenza. Corruzione, ingordigia, prepotenza e indifferenza: questi i peccati che inzozzavano le mani dei politici e, di conseguenza, dello “stivale” da essi governato. Povera Patria è lo specchio del mal governo: un riflesso sincero, che impone di osservarlo, perché è di tutti. "Se ho scritto Povera Patria – sottolineava lo stesso Franco Battiato negli anni Novanta - è perché sono coinvolto. Ogni sera guardare il Telegiornale è una sofferenza, a meno che non si resti indifferenti a questo passare, che so, da Riccardo Muti ai morti ammazzati. Quella che una volta poteva essere una caratteristica simpatica del popolo italiano, oggi diventa infame; quando ancora non c'era questa barbarie, l'italiano che pensa a se stesso era in fondo un individualista, e va bene. Oggi è insopportabile. Basta col tirare a campare: si richiede un intervento al cittadino di solidarietà civile, non si può più restare indifferenti."
Da allora sono trascorsi più di vent’anni, sono cambiate tante cose, ma lo stivale dei maiali torna sempre a sguazzare nel fango.

Testo canzone:
“Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
Questo paese è devastato dal dolore...
ma non vi danno un po' di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà
si che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po' da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare”.



martedì 2 aprile 2013

ARTE E CULTURA - Pasqua in Certosa: boom di visitatori anche a Pasquetta!


Pasqua in Certosa: boom di visitatori anche a Pasquetta!

Duemilaquattrocento visitatori. È questo il numero ufficiale dei visitatori che, tra il 30 marzo e il 1 aprile, hanno preferito trascorrere le giornate di festa a Padula, nella monumentale cornice della Certosa di San Lorenzo a riprova di quanto il turismo culturale stia crescendo nella nostra vasta provincia. A diffondere il dato è stato l’ufficio stampa della Soprintendenza BAP di Salerno e Avellino. 
Il Mastrillo ricorda che il monumento è visitabile  tutti i giorni, fatta eccezione per il martedì (giorno di chiusura settimanale), dalle ore 9.00 alle ore 19.30. L’ingresso è gratuito  per tutti i cittadini appartenenti all’Unione Europea, di età inferiore ai 18 anni e superiore ai 65, per disabili e ad un loro familiare o ad altro accompagnatore che dimostri la propria appartenenza a servizi di assistenza socio-sanitaria. L’ingresso gratuito è consentito  anche a particolari categorie di studenti o insegnanti (architettura, storia dell’arte,ect.). Il biglietto, pari a 4  €,  è ridotto del 50%  per i giovani di età compresa tra i 18 anni e i 25 anni così come per gli insegnanti di ruolo nelle scuole statali italiane. L’ingresso al parco della Certosa è sempre gratuito.