di Rosanna Gentile
Magari
esistesse uno scudo per proteggere le nostri carni dai dardi di Cupido, quel
puttino insolente che ci spinge a fare cose assurde. Magari
avessimo un block notes con su appuntate specifiche formule algebriche per guarire
dalle pene d’amore. Un vademecum per spegnere l’interruttore che muove i fili
delle emozioni. E no, purtroppo non esiste nulla di tutto ciò.
Soffrire
fa parte di noi. È la nostra natura di esseri umani a far si che dai nostri occhi
escano le lacrime e che il nostro cuore, qualche volta, si frantumi in piccoli
pezzi. Di solito il tempo è l’unico alleato: è solo grazie allo scorrere dei
giorni, dei mesi e (per i più sfigati) degli anni, che si riesce a convivere
con il dolore fino a non sentirlo più. Perché tutte le sofferenze, prima o poi,
diventano un puntino che colora una minima frazione della nostra anima, fino a
diventare un ricordo.
I
nostri cari, i nostri amici, nella fase acuta della sofferenza (cioè nell’arco
di tempo che intercorre dal misfatto alla guarigione) ci ripetono continuamente
che presto passerà e che ci sono passati in tanti. Come se l’idea che qualcun
altro abbia sofferto come noi, alleggerisca il masso che ci sta schiacciando il
cuore. E in effetti, questa cosa in certi casi funziona (mal comune mezzo
gaudio!).
Ma
nel frattempo che il tempo passi (scusate il gioco di parole), qualcosa si può
fare.
L’ideale
sarebbe riuscire ad osservare la nostra situazione dall’esterno, come se stesse
capitando ad altri, semmai ad un amico che è lì di fronte a noi e ci confida le
sue pene. Una sorta di astrazione dell’essere. Un uscire fuori dal corpo e
osservare da lontano le situazioni di disagio. C’è chi la chiamerebbe
esperienza extracorporea!
Come si fa a proiettare la propria coscienza oltre i confini corporali e,
quindi, oltre la situazione che ci induce a soffrire? Come si fa a capire che
quello che ci sta capitando può naturalmente capitare, anzi capita spesso e a
tante altre persone? Un
modo c’è!
Basta premere il tasto play di un lettore dvd e guardare un film che
ripercorre, nella sua trama, il dramma interiore che stiamo vivendo sulla
nostra pelle ed ecco l’extracorporaneità (esiste questa parola?!) è compiuta.
Semplicemente geniale!
Questa
genialità non è mia. È di una persona estremamente interessante che ha
racchiuso questo concetto in un libro unico nel suo genere: “Pronto soccorso
cinematografico per cuori infranti”, esordio letterario di Manlio Castagna, sceneggiatore,
regista e studioso di semiologia degli audiovisivi. 250 pagine in cui Castagna propone
una cura cinematografica per ogni mal d’amore, con tanto di posologia e
consigli. Dalla separazione al tradimento; dalla paura del definitivo “si lo
voglio” alla gelosia che logora i pensieri (e buona parte di fegato); dalla morte
della propria metà all’alienazione di sé stessi per amore, passando per tutte
le sfumature relazionali che ci sono nel rapporto a due, anche quando rischia
di diventare a tre e, quindi, a uno.
Ogni
paragrafo tematico racchiude spunti di riflessioni sulla vita di coppia, tratti
da echi di esperienza vissuta o conosciuta e filtrata da un impeccabile sguardo
scientifico, che, pagina dopo pagina, induce inevitabilmente a una scansione di
sé stessi e della propria situazione sentimentale.
Per
ogni malessere d’amore, una cura in film, perché “dove falliscono le parole
consolatorie dei parenti, i consigli pieni di buone intenzioni degli amici e il
rimuginare della mente, c'è il trionfo del cinema”, recita il quarto di
copertina.
Un
libro da leggere sempre, leggero ma al tempo stesso intenso. Una sorta di vino
bianco letterario, che scivola facile in gola, ma poi ti ubriaca una volta che
ti alzi da tavola. Un libro che con semplicità e schiettezza ti coltiva la mente
e il cuore, sfiorando concetti profondi e straordinariamente umani, senza nessuna
presunzione di farlo. Un libro che ognuno dovrebbe possedere nell’armadietto
dei medicinali, tra i cerotti e l’aspirina, perché il cuore è l’organo che più
spesso si ammala.
(foto tratta dal profilo Facebook di Manlio Castagna)
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