“È
venuto a mancare all’affetto dei suoi cari Francesco Alfinito, Maestro
Pasticciere”. Così recita il manifesto funebre che pone un punto a una lunga
storia d’amore, quella di Don Ciccio e i suoi dolci. Aveva 91 anni quando, nelle prime ore del pomeriggio di sabato, il suo cuore ha smesso di pulsare.
Quasi un secolo di vita, in lunga parte trascorsa nei laboratori di Pantaleone,
la storica pasticceria sita nel centro antico di Salerno. Sempre sorridente,
spesso canterino, Don Ciccio, come lui stesso mi raccontò qualche anno fa
nell’ambito di una preziosa intervista, cominciò a dedicarsi all’arte dei dolci
quando era poco più che un bambino e da allora non ha mai smesso, neanche
quando l’avanzare dell’età lo costrinse alla pensione. Perché per lui creare
zuccherine delizie era qualcosa di più di una passione, naturale come
respirare.
Ricordava
gli anni da Pantaleone con infinita malinconia, perché prima tutto era più
semplice, a partire dai clienti, con i quali instaurava un rapporto diretto e
confidenziale. “Il cliente – raccontò - poteva scegliere i prodotti appena
sfornati direttamente dalle teglie, nel laboratorio. A volte i dolci andavano a
ruba prima ancora di arrivare nelle vetrine espositive. Ora non è più permesso
far entrare nel laboratorio i clienti, per igiene, ma onestamente era più
bello”. Ironico e dal cuore d’oro, con
tanta pazienza ripercorse con noi i tempi che furono e vogliamo ricordarlo con
una frase semplice ma che la dice tutta su di lui: “Preparavo dolci di ogni
specie e qualità: il babà piccolo, lo sciù bianco, quello rosa, le zeppole
bignè e tanti altri. Il più venduto era la zuppetta a pasta, il miglior dolce
con la ricotta di Salerno, ma era famoso anche il Mont Blanc, con la panna e le
castagne. Tutti i dolci li preparavamo con le mani, senza macchinari, perché
con le macchine non vengono bene”.
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