di Rosanna Gentile
Sono stata a Londra. E una volta lì ho consumato le scarpe per vedere più posti possibili. La priorità assoluta in quasi tutti
i miei viaggi sono i luoghi d’arte e la città della regina ne è piena.
National Gallery, tanto per cominciare. Si trova a Trafalgar Square e ospita più di duemila dipinti (che coprono
l’arco epocale XII-XX secolo). Della
sua storia, che comincia nel 1824 con l’acquisizione da parte del Governo del
Regno Unito di una trentina di dipinti appartenuti ad un ricco banchiere (John J. Angerstein), mi ha da subito colpito la modernità del suo statuto, che lo
incorona come primo spazio museale con ingresso gratuito e libero al pubblico.
Siamo nella prima metà dell’800 e a quei tempi non tutti potevano
scegliere di passeggiare nei corridoi di un museo e godere delle preziosità in
esso raccolte. Addirittura c’erano alcuni posti in cui vi si accedeva solo con
colloquio atto a stabilire il grado di cultura del potenziale fruitore. Il discorso
era semplice: se si possedeva una sorta di cultura si entrava, altrimenti no.
Poi qualcuno riuscì ad intravedere nelle raccolte artistiche e
storiche un potente mezzo comunicativo, atto a diffondere sensibilità culturale
anche agli analfabeti. Anzi, proprio in quanto tali, gli illetterati avrebbero
trovato maggior stimolazione nella fruizione visiva di un quadro, piuttosto che
nella tanto complessa, quanto noiosa, decifrazione di critiche scritte ad essa connessa.
La National Gallery fu
fondata sul principio di gratuità e massima fruibilità. Da allora uomini e
donne di ogni estrazione sociale ed età hanno potuto ammirare squisite opere
rinascimentali italiane, minuziose tele fiamminghe e molti altri dipinti che,
pennellata dopo pennellata, hanno segnato i gusti stilistici nelle varie
epoche.
So di non essere corretta nel sostenere ciò che sto per scrivere,
ma tra le 2300 opere esposte a Trafalgar Square è una quella che ho preferito su
tutte.
Si tratta di "Venere e Marte" e l'autore è Sandro Botticelli (1482-83). Una
tavola rettangolare che si sviluppa in senso orizzontale in cui prendono
comodamente posto la dea, che occupa gran parte del lato sinistro, e il dio della guerra, che invece giace sul
lato destro. I divini personaggi non sono soli, intorno a loro compaiono goliardici
fauni.
Venere era la divinità della bellezza, capace di piegare il volere
di qualsiasi essere con il languore dei suoi occhi e la lucentezza della sua
pelle. Questo è quanto era capitato al furioso e incontenibile Marte. La
delicatezza della femminilità della dea riuscì a placare la bruciante passione
per la morte del dio delle armi. Così, di fronte a quella tavola, la mia mente
volava ad immaginare un giovane Sandro Botticelli, che sceglie un tema per
comunicare il suo messaggio di pace: una sorta di Love & Peace o “mettete
dei fiori nei vostri cannoni” hippy.
In realtà, la maggior parte degli storici dell’arte collega quest'opera a riflessioni filosofiche sull’amore carnale (anche perché, data
la sua forma, la tavola avrebbe potuto ornare la testiera di una letto a due
piazze). Marte sarebbe, quindi, nella “piccola morte” che segue l’atto sessuale consumato con Venere. Il
dio dorme profondamente, senza badare alle sue armi, con le quali giocano e si
intrattengono i fauni: una chiara allusione al fatto che l’amore è un
sentimento disarmante. E il nesso logico dall’amore alle nozze è quasi
scontato. Dunque, Sandro non era un pacifista (e il suo dipinto non era,
quindi, un manifesto rivoluzionario), ma semplicemente un artista che campava
di commissioni e, con ogni probabilità, questa gli è giunta dalla famiglia Vespucci
(protettori di Botticelli) in occasione del matrimonio del nobile Marco.
Ma c’è anche un altro discorso legato a quest’opera. Il fauno
sdraiato alle spalle del dio della guerra, ha in mano un frutto. Per l’esperto
della casa d’aste Sotherby’s David Bellingham si tratterebbe dello stramonio, meglio
noto come l’Erba del Diavolo, assolutamente allucinogena.
Bhé, se questo fosse vero, se Sandro avesse realmente inserito nella composizione una pianta allucinogena, forse Marte non starebbe dormendo perché sfiancato dalla bellezza di Venere, o in quanto assuefatto dall’amore o perché ha fatto troppo sesso, ma perché ha fatto uso dello stramonio. Ovviamente l'interpretazione di Bellingham ha fatto infuriare molti amatori del mito, oltre ad aver fatto prendere le distanze ad alcuni studiosi di botanica, per i quali si tratterebbe di un piccolo melone.
Bhé, se questo fosse vero, se Sandro avesse realmente inserito nella composizione una pianta allucinogena, forse Marte non starebbe dormendo perché sfiancato dalla bellezza di Venere, o in quanto assuefatto dall’amore o perché ha fatto troppo sesso, ma perché ha fatto uso dello stramonio. Ovviamente l'interpretazione di Bellingham ha fatto infuriare molti amatori del mito, oltre ad aver fatto prendere le distanze ad alcuni studiosi di botanica, per i quali si tratterebbe di un piccolo melone.
Al di là di ogni chiacchiera o convenzione, credo che il bello
dell’arte sia proprio nella sua vasta interpretabilità. Ognuno può leggere in
un quadro, in una statua, in un’istallazione o altro, ciò che vuole. È questa
la grande libertà della fruizione. Questa la potenza dell’arte.
Ironica e appassionata.mi piace leggere quando scrivi di arte.continua così.libera da vincoli e scelte editoriali.un abbraccio da Serena T.
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