di Rosanna Gentile
Siamo allo scadere del Settecento. Manuel Godoy chiede a Francisco
Goya un quadro unico nel suo genere, che aprirà la strada ad un nuovo modo di
interpretare la raffigurazione femminile.
La maja desnuda (maya non è un nome
proprio, ma significa "bella e attraente" in spagnolo!) fu dipinta tra il 1798 e
il 1800. E’ l’unico nudo di Goya. E’ uno dei primi nudi della storia dell’arte che
si spoglia di pretesti letterari, simbolici, mitologici o religiosi. Non è una
Venere, non è la Verità, non è l’Amor Sacro, è semplicemente una giovane
donna senza vestiti, distesa sul letto e (aggravante immorale!) in un atteggiamento
assai invitante rappresentato principalmente dallo sguardo che s’intreccia con
quello dell’osservatore.
E' bella ed è consapevole di esserlo, perché si lascia
guardare. Essendo un tributo alla sensualità carnale della donna è stato una novità
assoluta dopo secoli di oscurantismo
ecclesiastico e ha finito per slegare i polsi alla creatività artistica,
svincolandola da falsi pretesti e perbenismi.
Questo dipinto è assolutamente rivoluzionario!
Goya dipinse la sua maja in due versioni, una più audace dell’altra
ed entrambe nella medesima posizione e nello stesso contesto. I due quadri
sarebbero due gocce d’acqua se non fosse per il particolare dei vestiti. La moretta distesa sul moderno triclinio è Pepita: la nobildonna spagnola Josefa Petra
Francisca de Paula de Tudò, giovane conquista
di Manuel Godoy. Questi, mise i due quadri in una saletta con altri quadri raffiguranti nudi (come la Venere allo Specchio di Velàzquez - oggi alla National Gallery) e secondo un congegno predisposto sulle cornici, la versione pudica, la Vestida (realizzata tra il 1800 e il
1805), copriva quella impudica, in modo da creare un vero e proprio effetto
spogliarello (quel Godoy doveva essere stato davvero un bricconcello, di sicuro
stimato dagli amici voyeurs!).
Godoy, il generalissimo Godoy, è stato uno degli uomini più
potenti della Spagna, una notorietà tale da non fargli temere la reazione del
Sant’Uffizio.
Questa "libertà di libertinaggio", però, non durò a lungo: già dal 1805 il suo potere si sfumò e nel 1814
l’Inquisizione confiscò tutti i beni di Godoy e intentò al povero Goya un
processo per immoralità. Il pittore evitò la condanna grazie all'intercessione del cardinale Luigi Maria di
Borbone-Spagna, ma la Desnuda fu comunque
sequestrata perché oscena e nessuno poté più ammirarla fino
all'inizio del XX secolo.
La giovane Pepita oggi non
stupisce di certo come all’epoca, eppure in entrambe le versioni
conserva una sensualità che impone al silenzio quando la si osserva. Per farlo, bisogna andare al Museo del Prado di Madrid, dove sono custodite dal 1910.
Nessun commento:
Posta un commento