lunedì 8 aprile 2013

MUSICA. Dentro lo stivale di Battiato


Dentro lo stivale di Battiato
di Rosanna Gentile

Era il 1991 quando Franco Battiato legava testo e musica in uno dei pezzi più significativi della storia musicale italiana, quella impegnata, quella politicizzata, quella che sceglie di intonare una rivoluzione civile da combattere con la cultura e le parole.
Povera Patria (chi non la conosce?!). Usciva in “Un cammello in una grondaia”, il sedicesimo e fortunato album di Battiato che vanta in copertina un dipinto dello stesso cantante. Otto le tracce in esso raccolte, di cui quattro sue e quattro elaborazioni per orchestra di pilastri della musica classica, come Wagner e Beethoven.  Ma torniamo a Povera Patria. Premettiamo che i testi di Battiato erano lontani, per scelta, dalla politica e per capire i fili che facevano fluttuare quel testo d’infinita attualità e contemporaneità, dobbiamo inevitabilmente richiamare alla memoria un determinato e vergognoso momento italiano. Sono gli anni dei morti ammazzati per mano della mafia e sono gli anni del CAF. Quelli, cioè, della coalizione di Pentapartito, nata nell’81 come accordo siglato tra Bettino Craxi, Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani (da cui la sigla CAF!) e morta proprio nel 1991. Siamo in un drammatico momento italiano, ossia la vigilia di Mani Pulite, l’inchiesta condotta dalla P.R. di Milano, che travolse quasi tutti i politici italiani, gettando il Paese nella vergogna.
Dolce come spesso è, la melodia di Battiato culla le parole, che immerse in una straziante antitesi, sono dense, aggressive e dirette. Parla di patria: una parola ad oggi tornata di uso diffuso, ma che fino a questa meravigliosa canzone non si sentiva più di tanto, perché richiamava vecchi echi fascisti di un’epoca ormai sepolta sotto piazza Loreto. È una dichiarazione di sdegno e sofferenza. Corruzione, ingordigia, prepotenza e indifferenza: questi i peccati che inzozzavano le mani dei politici e, di conseguenza, dello “stivale” da essi governato. Povera Patria è lo specchio del mal governo: un riflesso sincero, che impone di osservarlo, perché è di tutti. "Se ho scritto Povera Patria – sottolineava lo stesso Franco Battiato negli anni Novanta - è perché sono coinvolto. Ogni sera guardare il Telegiornale è una sofferenza, a meno che non si resti indifferenti a questo passare, che so, da Riccardo Muti ai morti ammazzati. Quella che una volta poteva essere una caratteristica simpatica del popolo italiano, oggi diventa infame; quando ancora non c'era questa barbarie, l'italiano che pensa a se stesso era in fondo un individualista, e va bene. Oggi è insopportabile. Basta col tirare a campare: si richiede un intervento al cittadino di solidarietà civile, non si può più restare indifferenti."
Da allora sono trascorsi più di vent’anni, sono cambiate tante cose, ma lo stivale dei maiali torna sempre a sguazzare nel fango.

Testo canzone:
“Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
Questo paese è devastato dal dolore...
ma non vi danno un po' di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà
si che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po' da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare”.



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