di Sergio Saviello
“I mercati orientali mi
affascinavano tantissimo. In uno dei miei stanziamenti in Africa settentrionale
adoravo passeggiare per i quartieri della casbah e della medina. Al bando ogni
forma di cartina e indicazione stradale, mi piaceva perdermi in quel dedalo di viuzze, in quei labirinti magici,
affascinanti, unici al mondo. Solo i souk riuscivano a darmi quelle sensazioni.
Camminavo lentamente, assaporavo ogni singolo metro della strada. In sacchi di
iuta scorgevo ogni specie di spezia,di erba e di frutta secca, era come vedere
la tavolozza di un pittore pronto a mettersi all’opera. Il nero dei semi di
papavero che mescolati al miele avevano un sapore divino, il pepe di diversi
tipi, grandezza e tonalità, dal verde al rosa pallido, il giallo oro della
curcuma, dal colore del sole e con un sapore lievemente piccante ed
estremamente volatile come un temporale estivo. L’inconfondibile odore della
noce moscata, con il suo gusto dolce e il profumo di bosco, il coriandolo, il
rosso accecante del peperoncino. Il profumo d’incenso e la musica frenetica
degli artisti di strada donavano alla mia anima momenti di euforia, ma al tempo
stesso di pace interiore. Camminavo e mi sentivo parte di quella cultura, di
quella gente, di quei luoghi magici, affascinanti, pieni di mistero e saggezza.
Pietre preziose, galli che lottavano strenuamente in piccole gabbie di legno,
stoffe che avrebbero arredato chissà quale casa in chissà quale parte del
mondo, sguardi fieri e al contempo sottomessi di donne che osservano il mondo
da una fessura di stoffa, e non lo giudicavano. Mille colori, mille sfumature
di una cultura millenaria, di gente che ha sofferto, che ha fatto conoscere al
mondo i segreti dei numeri, dell’astronomia, delle scienze. Il momento che
preferivo maggiormente era la sera. Quando potevo, affacciandomi dalla finestra
del mio appartamento, riuscivo a sentire il profumo del deserto, il mio viso
veniva accarezzato da una leggera bava di scirocco e il mio sguardo si posava
sull’orizzonte. Immaginavo scene di mille e una notte, storie di principesse
arabe e cavalieri erranti, di tuareg e nomadi del deserto, di un silenzio e di
un cielo così scuro da poter contare le stelle ad una a una. Avvicinando i miei
occhi alla città, ritornavo alla realtà svegliato dal luccichio di mille
lampadine, da un vociare incessante e dal profumo delle braci ardenti e dei
pentoloni fumanti che mi invitavano a uscire e a seguire le loro scie di vapore
per soddisfare il mio palato”.
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