lunedì 27 maggio 2013

29 maggio 1982. Morire di innocenza

di Rosanna Gentile

Buona parte dell’articolo che seguirà è frutto di un mio studio per una rubrica di cronaca nera locale pubblicata sul quotidiano Il Roma. Ho deciso di ridargli nuova vita, perché tra due giorni ricorre l’anniversario della drammatica morte di Simonetta. Approfitto di questa circostanza per abbracciare virtualmente la famiglia della piccola ed in particolare il giudice Lamberti, che all’indomani della pubblicazione della rubrica, mi telefonò per ringraziarmi e donarmi alcuni suoi libri che ha scritto in memoria dell’amata figlia, per esorcizzare, in parte, il dolore e serbarne il ricordo.  
  
Il 29 maggio del 1982 era sabato e in cielo splendeva un magnifico sole. Il giudice Alfonso Lamberti si era concesso un paio di ore libere da trascorrere in compagnia della sua bambina, Simonetta. Insieme avevano deciso di approfittare della bella giornata primaverile per fare una passeggiata. Così da Cava dei Tirreni, dove abitavano, si erano recati a Vietri sul mare. Nel primissimo pomeriggio, però, la piccola chiese al papà di ritirarsi, in quanto aveva preso appuntamento con la sua compagna di banco.
Di lì a poco scattò l’agguato ai danni del magistrato. Il piano di morte pensato dagli aguzzini era il seguente: un’autovettura (una Bmw) con a bordo dei complici doveva trovarsi avanti alla Bmw di Lamberti, al fine di bloccarne il passaggio, mentre una seconda automobile (un’Audi) posta alle spalle del magistrato, doveva materialmente uccidere la vittima designata, affiancandone la vettura e sparando una raffica di proiettili. Così fu: erano le 15.30 quando, sulla SS 18 di Cava, il commando accerchiò l’auto del magistrato ed esplose una serie di proiettili in direzione della Bmw sulla quale viaggiavano Alfonso Lamberti e la figlia. Qualcosa dovette andare storto (forse il giudice proseguiva ad una velocità sostenuta che l’Audi a diesel non riusciva a mantenere) e un primo proiettile partì alle spalle dell’auto di Lamberti, forandone il lunotto posteriore. Ma i killer riuscirono ad accelerare la corsa, arrivando proprio all’altezza della fiancata. Da questa posizione, per gli esecutori divenne tutto più semplice e nel giro di qualche secondo esplosero altri sei colpi. Compiuto il piano, gli assassini si diedero alla fuga in direzione Nocera. All’indomani dell’agguato in un bosco a Materdomini di Nocera Superiore, fu rinvenuto lo scheletro di un’Audi bruciata, con ogni probabilità quella utilizzata dai killer, i quali sapevano che a bordo dell’auto del magistrato viaggiava anche la bambina, eppure non esitarono a sparare. Dal raid il magistrato uscì solo ferito. I due colpi esplosi da una P38 lo ferirono alla spalla e, solo di striscio, alla testa. Ciononostante il bilancio di quell’attentato fu terribile, in quanto un proiettile colpì Simonetta alla tempia. La piccola era seduta al fianco del padre, con il braccio teso fuori dal finestrino per accarezzare il vento, dopo una spensierata e tranquilla mattinata al mare.
Nelle ore che seguirono l’agguato, la ragazzina venne prima portata all’ospedale di Cava dei Tirreni e poi, vista la criticità della situazione, al Cardarelli di Napoli. Qui fu ricoverata presso il centro di rianimazione, con un delicato quadro clinico. Il proiettile che la raggiunse perforò la tempia sinistra, attraversandole diametralmente la testa, uscendo dall’altra tempia. Questo causò una grave emorragia e dei danni irreversibili al cervello. La piccola cadde in coma profondo e, dopo disperati tentativi (tra cui trasfusioni di sangue e un intervento chirurgico), il suo cuore smise di battere alle ore 20.  

Per conservare la memoria della piccola Simonetta, strappata alla vita  e all’amore della famiglia a soli 11 anni, sono state organizzate diverse iniziative che la ricordano come la prima della lunga serie di baby-vittime della camorra.

Approfondimenti:
“Anni violenti”
Il 1982 è stato un anno particolarmente violento per tutta la provincia salernitana.
Negli anni Settanta ed Ottanta, il nostro territorio era in balia delle guerriglie dei clan che si contendevano, a colpi di pistola e spargimenti di sangue, gli affari sporchi, soprattutto quelli ghiotti generati dalle macerie del terribile terremoto dell’Irpinia (1980). Decine i morti ammazzati. Si tratta di vittime che avevano a che fare, direttamente o indirettamente, con gli ambienti pericolosi, dove a farla da padrona era la N.C.O. di don Raffaele Cutolo, alla quale si opponevano gruppi terroristici locali, come la “Nuova Famiglia”. A perdere la vita, infatti, furono per di più imprenditori e costruttori impegnati attivamente nella fase di ricostruzione post-sisma (Alfonso Rosanova, Gennaro Schiavo, Gennaro Califano e Nicola Benigno sono solo alcune delle vittime di questa lotta). Consultando l’elenco delle vittime della camorra, tra i nominativi di gente uccisa, configurano anche nomi di persone totalmente innocenti. Persone che hanno smesso di vivere per pura fatalità. Nella nostra memoria storica, l’elenco di vittime estranee ai fatti di camorra lascia davvero senza fiato, soprattutto se si pensa che dietro un nome ed una data c’è il racconto di una vita spezzata, che ha smesso di esistere per puro errore. Simonetta Lamberti è una di loro e aveva soli 11 anni.

Il mestiere della giustizia
Alfonso Lamberti, all’epoca del tragico agguato, aveva 45 anni ed era procuratore della Repubblica presso il tribunale di Sala Consilina e docente di Storia del Diritto penale presso l’Università di Salerno. In quegli anni svolgeva il suo lavoro con determinazione e forza. Indagare per lui era una vera e propria vocazione, ma sapeva che infilare il bastone tra le ruote ai pesci grossi della camorra, impegnata nelle estorsioni e ad allungare le mani sulla grossa torta della ricostruzione post terremoto dell’Irpinia, avrebbe potuto mettere la propria vita in pericolo. Soprattutto in seguito all’esecuzione di stampo camorristico del collega magistrato Nicola Giacumbi. Dopo l’omicidio di Giacumbi, ad Alfonso Lamberti venne assegnata un’alfetta blindata, che però proprio quel sabato di maggio non aveva ritenuto opportuno utilizzare. Lamberti, infatti, nel trascorrere una mattinata al mare con la figlia, non aveva fiutato alcun pericolo e scelse di prendere la propria automobile. Evidentemente questo dettaglio, solo all’apparenza irrilevante, dovette essere stato chiaro ai killer, che con ogni probabilità controllavano il magistrato. Alfonso Lamberti nel corso dell’agguato fu ferito alla spalla sinistra e alla nuca. Fu dunque operato, ma lasciò l’ospedale appena seppe della tragica fine della figlia.





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