mercoledì 26 giugno 2013

ARTE. Streeptease di una maja

di Rosanna Gentile


Siamo allo scadere del Settecento. Manuel Godoy chiede a Francisco Goya un quadro unico nel suo genere, che aprirà la strada ad un nuovo modo di interpretare la raffigurazione femminile. 
La maja desnuda (maya non è un nome proprio, ma significa "bella e attraente" in spagnolo!) fu dipinta tra il 1798 e il 1800. E’ l’unico nudo di Goya. E’ uno dei primi nudi della storia dell’arte che si spoglia di pretesti letterari, simbolici, mitologici o religiosi. Non è una Venere, non è la Verità, non è l’Amor Sacro, è semplicemente una giovane donna senza vestiti, distesa sul letto e (aggravante immorale!) in un atteggiamento assai invitante rappresentato principalmente dallo sguardo che s’intreccia con quello dell’osservatore. 
E' bella ed è consapevole di esserlo, perché si lascia guardare. Essendo un tributo alla sensualità carnale della donna è stato una novità assoluta  dopo secoli di oscurantismo ecclesiastico e ha finito per slegare i polsi alla creatività artistica, svincolandola da falsi pretesti e perbenismi.
Questo dipinto è assolutamente rivoluzionario! 
Goya dipinse la sua maja in due versioni, una più audace dell’altra ed entrambe nella medesima posizione e nello stesso contesto. I due quadri sarebbero due gocce d’acqua se non fosse per il particolare dei vestiti. La moretta distesa sul moderno triclinio è Pepita: la nobildonna spagnola Josefa Petra Francisca de Paula de Tudò, giovane conquista di Manuel Godoy. Questi, mise i due quadri in una saletta con altri quadri raffiguranti nudi (come la Venere allo Specchio di Velàzquez - oggi alla National Gallery) e secondo un congegno predisposto sulle cornici, la versione pudica, la Vestida (realizzata tra il 1800 e il 1805), copriva quella impudica, in modo da creare un vero e proprio effetto spogliarello (quel Godoy doveva essere stato davvero un bricconcello, di sicuro stimato dagli amici voyeurs!).
Godoy, il generalissimo Godoy, è stato uno degli uomini più potenti della Spagna, una notorietà tale da non fargli temere la reazione del Sant’Uffizio. 
Questa "libertà di libertinaggio", però, non durò a lungo: già dal 1805 il suo potere si sfumò e nel 1814 l’Inquisizione confiscò tutti i beni di Godoy e intentò al povero Goya un processo per immoralità. Il pittore evitò la condanna grazie all'intercessione del cardinale Luigi Maria di Borbone-Spagna, ma la Desnuda fu comunque sequestrata perché oscena e nessuno poté più ammirarla fino all'inizio del XX secolo.
La giovane Pepita oggi non stupisce di certo come all’epoca, eppure in entrambe le versioni conserva una sensualità che impone al silenzio quando la si osserva. Per farlo, bisogna andare al Museo del Prado di Madrid, dove sono custodite dal 1910.  



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